A poche ore dalla sua scomparsa – come spesso accade – solo adesso capiamo la grandezza di Gianni Minà, non come giornalista, scrittore, conduttore, autore ma come persona. Quel suo rigore, umiltà, timidezza, onestà, empatia, curiosità unita alla professionalità diventano uno straordinario passepartout per accedere alle stanze segrete del cuore e dell’anima dei suoi interlocutori.

Postura accogliente, sguardo fisso negli occhi dell’intervistato, parole scelte con cura e accompagnate dal movimento delle mani e dall’aggrottare la fronte con quel sorriso bonario e di mestiere che schiudeva un tono delicato, confidenziale che più porgere le domande era un partecipare al colloquio. Saranno state coincidenze, capacità psicologiche sta di fatto che in particolare Gianni Minà è stato forse l’unico a capire, interpretare, scandagliare la complessità nascosta che conviveva dentro Diego Armando Maradona. Sì, più di tutti Gianni Minà si è accorto e nel tempo ha svelato e rappresentato al mondo il carisma, l’intelligenza e l’istinto politico globale del Pibe de Oro.

Per chi è napoletano ed ha vissuto quegli anni non dimentica una delle prime interviste di Minà a Maradona. Non casualmente la location scelta è stata quella nei pressi del Parco Virgiliano sulla collina di Posillipo, l’altra Napoli, dove dall’alto si vedeva l’impianto siderurgico dell’Italsider di Bagnoli, solo qualche anno dopo sarà chiuso e avviata la dismissione con migliaia di operai lasciati a casa, il territorio abbandonato e che ancora oggi attende – dopo oltre 30 anni – l’agognata bonifica.

L’approccio di Gianni Minà – leggendolo ora e con il senno di poi – è straordinario. Non parla al campione con il piglio del cronista sportivo chiedendogli del talento, degli obiettivi della stagione calcistica, della squadra del Napoli. Ma si rivolge all’uomo Maradona che come l’uomo Papa Francesco viene dalla fine del mondo e può capire meglio di chiunque altro quella gente.

“E questa è Napoli, la Napoli che lavora, questa è l’Italsider, la Napoli dei problemi e tu sei riuscito ad entrare nel ventre di questa città come se fossi nato qua, sei uno di loro?”. E Diego risponde: “Qui non c’è un equilibrio. Ti amano oppure sicuramente ti ammazzano, parlo in termini calcistici. Fai un gol ed è il migliore del mondo, sbagli un gol e allora che fai non si può sbagliare, non sei un campione, non sei un fuoriclasse. Io alla gente di Napoli la ringrazio per tutto ciò che fa per Maradona”. E ancora Minà: “Che cosa hai capito di questa città, dopo due anni che ci abiti?”. E Maradona: “Ho capito che hanno tanti problemi e Maradona non dà soluzioni alla città. Maradona fa di tutto perché il Napoli sia un più grande ogni giorno. Questa è la felicità che Maradona dà al napoletano”. E poi: “Il giorno che hai visto mezzo stadio con la parrucca uguale ai tuoi capelli, cosa hai pensato?”. E il campione argentino: “Qualcuno l’ha fatto per guadagnare. Io l’ho detto al napoletano: io voglio che la gente viva, se la gente fa questo sì. Però io che il miliardario si faccia più miliardi con Maradona, ecco questo non lo sopporto proprio. La gente normale qui di Napoli che s’inventa la vita e fa questo per vivere, mi piace. Sono orgoglioso perché anche Maradona dà il suo contributo”. E con il sorriso Gianni Minà piazza la stoccata: “Tu lo sai questa è una città molto chiacchierata, la città della camorra, la città dove la gente inventandosi la vita non tutto è legale. Come ti difendi da una città che potrebbe anche avvilupparti in tutto questo?”. E lui serio: “Voglio raccontarti qualcosa che mi è successo: hanno detto che Maradona stava con la camorra, hanno detto che Maradona andava con la droga. Io mi sono stancato, ho parlato con la mia famiglia però non posso lasciare questa città perché tutta la gente non è cattiva…”.

Ne seguiranno tante di interviste, per lo più tutte memorabili, che accompagneranno la carriera di Maradona ma soprattutto le sue rovinose cadute. Non si celebra mai il Diego Armando Maradona vincente, mito, idolatrato nel mondo ma l’uomo ferito, il campione fragile, il genio del pallone che per l’ennesima volta deve rialzarsi e scrollarsi di dosso la fuliggine infernale. Ci sarà sempre Gianni Minà accanto al Pibe de Oro e lui più di tutti aveva ben compreso i suoi dissidi dell’animo, la malinconia, “il male oscuro da cui Maradona non riesce a uscire”. Ma anche svelato al mondo il patrimonio di valori, ideali e quel senso di giustizia sociale che custodiva Diego Armando Maradona dentro di sé.

Chiudo con un ricordo personale. Anno 1993, Gianni Minà, si candida alle elezioni nelle liste del Movimento per la democrazia La Rete del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Lui girava tutta l’Italia ma decise di fermarsi a Napoli per una settimana. Un’attrazione speciale aveva per la capitale del Mezzogiorno, tanto è vero che a giugno del 2019 l’allora sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, gli consegnerà la cittadinanza onoraria. I suoi manifesti elettorali erano bellissimi: Minà disegnato con la maglietta celeste, il numero 10 ed i capelli arruffati alla Maradona. Furono sette giorni intensi con spaghettate alle ore più proibitive della notte accompagnati dai suoi racconti del dietro le quinte della storia con tanti aneddoti e la certezza che quell’Italia ubriaca del berlusconismo e la tv di Stato non lo meritavano.

L’ultimo sogno è Minà’s uncut, il recupero della cassetta degli attrezzi da lavoro. Si tratta del riversamento e della digitalizzazione di tutto il materiale audiovisivo d’archivio (vhs, betamax e supporti vari), prevalentemente inedito di Gianni Minà e della sua lunga carriera.

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Gianni Minà, il giornalista che raccontava le vite degli altri attraverso la lente dell’insolito

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