La necessità di rifornire gli ucraini di carri armati obbliga le cancellerie europee a riesumare mezzi risalenti alla Guerra Fredda. Dopo le polemiche sull’addestramento dei soldati ucraini in Italia, si torna a parlare della fornitura di armi pesanti: Leopard 1, ovvero i carri che il governo Meloni avrebbe autorizzato a trasferire a Kiev, condizionale d’obbligo vista la scelta di secretare i decreti. Stando all’amministratore delegato di Rheinmetall, Armin Papperger, il colosso di Düsseldorf che li costruisce, ne avrebbe acquistati 96 dalla svizzera Ruag. “Si Sì, abbiamo comprato i Leopard 1, ma in Italia”, rispondeva tre giorni fa ai giornalisti svizzeri. Da qui la domanda: il governo ha dato il via libera all’export ei Leopard italiani in Ucraina?”. Il Manifesto tre giorni fa dava conto della risposta dell’amministratore delegato di Rheinmetall, il colosso di Düsseldorf che costruisce i Leopard, incalzato dai cronisti del Neue Zürchner Zeitung, il quotidiano di Zurigo che gli chiedevano conferma dell’acquisto di 96 Leopard-1 dalla società svizzera Ruag, che li aveva comprati in Italia. “Sì si, abbiamo comprato i Leopard 1, ma in Italia”, ha risposto Armin Papperger. I cronisti se lo fanno ripetere perché appare chiaro che se il venditore è la società svizzera allora il loro utilizzo in Ucraina potrebbe diventare un problema legale e politico. Il Ceo replica: “Non so. Io li ho acquistati da una società in Italia”. Papperger, ovviamente, non fa il nome dell’impresa né specifica se i Leopard 1 ceduti a Rheinmetall, per essere ricondizionati prima dell’invio a Kiev, provengano dal deposito dell’Esercito Italiano di Lenta, in Piemonte. Probabilmente, la decisione di Berlino di “esportare” in Ucraina i Leopard 2A4, in seguito alle forti pressioni dell’amministrazione Biden, potrebbe aver coinvolto anche uno stock di Leopard 1 italiani. Ma di che tipo di carro armato si tratta? Quali vantaggi può garantire e con quali limiti?

Il Leopard 1 è il primo carro da combattimento a entrare in produzione nella Germania Occidentale dal 1945, quindi non poteva non essere un carro ben progettato. I primi esemplari vennero completati dalla Krauss-Maffei di Monaco nel settembre 1965 e la produzione continuò fino al 1979. L’Esercito Italiano ne aveva in dotazione 920, di cui 720 costruiti su licenza in Italia dalla OTO-Melara. Ovviamente risente delle dottrine del suo tempo, le quali preferivano alla protezione passiva una elevata mobilità. Infatti il Leopard ha un peso, in ordine di combattimento, di sole 40 tonellate, ma un elevato rapporto peso/potenza, che gli conferisce una elevata accelerazione su strada. La propulsione è assicurata da un motore MTU diesel a 10 cilindri a V da 830 cv, collocato nella parte posteriore dello scafo e raffreddato ad acqua, il che contribuisce a rendere il Leopard 1 un carro molto silenzioso.

Come funziona il Leopard-1
Il posto del pilota è nella parte anteriore dello scafo, sul lato destro. Soluzione che lascia spazio al suo fianco per collocare 41 dei 60 colpi del cannone L7A3 da 105/51 mm, ovvero in un punto facilmente accessibile al servente, sulla sinistra del pezzo. I suddetti colpi non sono collocati all’interno di riservette corazzate, quindi sono assai vulnerabili qualora un colpo dovesse perforare la corazzatura dello scafo. Il posto del cannoniere è a destra della culatta del cannone, davanti al capocarro. Servente e capocarro hanno portelli circolari sulla sommità della torretta, uno dei quali (di solito quello del servente) è provvisto di una mitragliatrice MG3 da 7,62×51 mm per il tiro a breve distanza.

Il vano di combattimento del Leopard è dotato di aria condizionata per evitare le punte estreme delle temperature. D’inverno, l’interno, può essere portato a temperatura confortevole in circa due minuti da un riscaldatore che impiega come combustibile il gasolio del motore. Il calore dello scarico di questo dispositivo preriscalda il liquido refrigerante del motore, mentre l’aria calda della cabina dell’equipaggio può essere soffiata sopra le 8 batterie del sistema elettrico per riscaldarle prima dell’avviamento del motore, Vi sono diversi accorgimenti per impedire che i gas tossici del motore possano entrare nel vano.

Un derivato dei carri americani
Probabilmente, il più importante dei sistemi di un carro armato è il complesso principale di condotta del tiro. Quello del Leopard è derivato, nei principi fondamentali, da carro americano M-47. Vi sono 14 periscopi (8 per capocarro, 3 per il pilota,2 per il servente, 1 per il cannoniere) ma il visore principale è un grande periscopio utilizzato dal capocarro che incorpora un telescopio a ingrandimenti variabili da 6 a 20. La testa del periscopio ruota rispetto alla torretta e il capocarro la usa per mantenere la sorveglianza su tutto il terreno circostante, per individuare gli obiettivi e determinare la distanza mediate un sistema stadio-metrico (ovvero trova la distanza di bersagli di dimensioni note ricavandola dalle loro apparenti dimensioni negli strumenti ottici).

Appena il cannone è sull’obiettivo, carico e alla corretta elevazione, il cannoniere o il capocarro possono aprire il fuoco. Automaticamente tutti i sistemi di puntamento vengono oscurati con un dispositivo a persiane per 0,25 secondi, onde evitare la cecità da abbagliamento di notte. Il cannone di origine britannica, L7A3 da 105/51 mm è molto preciso; con munizioni APDS (Armour Piercing Discarding Sabot), a una distanza di 1.000 metri, ha una probabilità di colpire un bersaglio grande come la torretta di un carro armato pari al 99%.

Il Leopard 1A2 in dotazione all’Esercito
Nella variante Leopard 1A2, ovvero quella in dotazione all’Esercito Italiano, il sistema IR è stato sostituito con periscopi ad amplificazione di luce, in quanto gli apparati elettronici di intensificazione di immagine non emettono radiazioni che possono rilevare la posizione del carro e in pratica si limitano a migliorare la visione dell’equipaggio quanto basta perché questo possa vedere anche in assenza di luce. Nel 1995 l’Esercito Italiano necessitava di carri armati in grado di essere utilizzati nella missione di stabilizzazione in Bosnia. I carri M-60A1 risultavano essere troppo obsoleti e usurati, mentre i nuovi C1 Ariete dovevano ancora andare in produzione. Si ricorse a una soluzione d’emergenza, ovvero installare le torrette della versione A5, acquistate dalla Germania, sugli scafi Leopard 1A2. La torretta, nella versione A5, dispone di nuovi apparati e ha subito delle modifiche sostanziose, quali l’aggiunta di un telemetro laser, un periscopio per il cannoniere HZF dotato di camera termica, l’eliminazione del telemetro ottico TEM-2A e chiusura delle due cuffie laterali con lamiere saldate; nuovi apparati radio VHF, l’installazione del sistema di controllo del tiro Krupp Atlas Electronik EMES 18 che consente il calcolo dei dati balistici fino alla distanza di 4.000 metri e l’installazione del sistema MRS (Muzzle Reference System) per il controllo dell’allineamento della linea di mira con quella di tiro del cannone.

L’apparato si basa sulla proiezione di un’immagine generata dal sistema di mira ad un riflettore montato sulla volata del cannone ed il successivo raffronto tra l’immagine originaria e quella riflessa. La coincidenza tra le due indica l’avvenuto allineamento tra le due linee. È stato inoltre montato il sistema di avviso d’illuminamento laser RALM (Ricevitore di Allarme Laser) realizzato dalla Marconi, installato anche sulle blindo Centauro e, successivamente, sugli MBT Ariete. Inoltre, le nuove torrette montano protezioni aggiuntive per migliorarne la resistenza nei confronti dei razzi a carica cava. Tale aggravio di peso (circa 900 kg), insieme ad altre modifiche, ha portato a un aumento della massa del carro di circa 2.000 kg, con conseguente diminuzione della riserva di munizionamento da 105 mm di 5 colpi. Si tratta comunque di carri sorpassati, non certo in grado di reggere il confronto con gli MBT russi di ultima generazione, come il T-90M o T-72B3M.

Articolo Precedente

Vertice Putin-Xi Jinping, l’analista: “A Pechino serve una Russia stabile ma controllabile. Gli Usa? Hanno interesse a frenare il ruolo cinese”

next
Articolo Successivo

La guerra dei microchip, è possibile una riconquista del terreno della sovranità economica? L’anticipazione del documentario su Arte.Tv

next