L’ultima volta ai quarti di finale di Champions il Milan c’era arrivato 11 anni fa: da campione d’Italia uscente come oggi e come oggi aveva superato una inglese agli ottavi, l’Arsenal. Il cammino della squadra guidata da Allegri si fermò ai quarti contro il Barcellona di Messi, troppo più forte di Nocerino e compagni. Neppure in campionato i rossoneri riuscirono a bissare il successo: si aprì all’epoca il dominio juventino che sarebbe durato 9 anni. Fu quello il momento in cui si fermò la grandeur milanista basata su un modello inaugurato dall’allora presidente Berlusconi. L’approdo ai quarti di oggi probabilmente inaugura un altro modello.

Già perché negli anni ’80 l’ex presidente del Consiglio costruì quella che forse è stata la miglior squadra nella storia del calcio in base a un principio molto semplice, che parafrasando un meme di oggi è riassumibile in “Voglio i migliori, pago tanti soldi, li compro tutti, ciao”. Certo, poi c’è l’indiscutibile competenza di assemblare campioni funzionali a un’idea e non figurine, ma anche la possibilità di togliersi lo sfizio di prendersi il primo e il secondo nella classifica del Pallone d’Oro ad esempio. Come Papin e Savicevic nel 1992. Ma modelli che si basano sulla vasta disponibilità di qualcosa si espongono al rischio che arrivi chi ha più disponibilità, e così è stato. Oggi quel modello inaugurato da Berlusconi viene ancora applicato, vedi Chelsea e soprattutto Psg: forse ha il contraltare proprio nel nuovo Milan guidato da Pioli.

Se il Psg per l’ennesima volta esce mestamente dall’unica competizione che gli interessi e il Chelsea è a metà classifica in Premier (giocando malissimo) nonostante seicento milioni di euro sborsati tra estate e inverno, allora quello stile di fare calcio può essere messo in discussione. E possono essere messi in discussione i criteri di valutazione che si applicano al calcio: in epoche diverse (e anche oggi a dire il vero qualcuno lo fa) la stagione del Milan, che ha avuto diversi intoppi, è lontana ormai irreparabilmente dalla vetta della classifica in Serie A e ha visto diversi calciatori rendere meno del previsto, sarebbe stata giudicata fallimentare. È realmente così?

No, a prescindere dai quarti di finale raggiunti che sono comunque un bel traguardo. Perché oggi, specie in Serie A, non si può non mettere al centro la sostenibilità: si è detto che i rossoneri hanno sbagliato la campagna acquisti, ma se due mesi fa l’opinione comune era quella di mettere una croce su tutti i nuovi arrivati a Milanello, oggi la situazione già è cambiata con Thiaw che si è rivelato un acquisto assolutamente azzeccato, probabilmente un grande affare. E se in epoca berlusconiana non sarebbe stato possibile concedere una seconda chance a De Ketalaere, oggi è possibile. È possibile perché non c’è l’ossessione di vincere per forza, perché prendere i campioni affermati per la Serie A è mera utopia e perché è molto più redditizio investire su profili giovani e futuribili piuttosto che svenarsi per gli ingaggi solitamente altissimi degli unici target accessibili per i club italiani, ovvero ex top player in fase calante alla ricerca degli ultimi ingaggi. Diverso il caso di Ibra che a 40 anni se non gioca regge uno spogliatoio intero, ma di Ibra ce n’è uno.

E dunque oggi c’è una qualificazione in Champions da mettere al sicuro e un quarto di finale di quella manifestazione che il Milan ha dominato per anni ancora da giocare (e se ha eliminato il Tottenham è chiaro a tutti che i rossoneri sono un osso duro) per tirare il bilancio della stagione. Ma in ogni caso guardando in casa il futuro è positivo: in porta c’è Maignan, che se non è il miglior portiere al mondo poco ci manca, tre difensori centrali forti e non avanti con l’età come Tomori, Kalulu e Thiaw, c’è Theo che dopo le fatiche di una stagione coi mondiali di mezzo è una garanzia, Tonali e Bennacer… insomma, anche se dovesse andar via Leao la base per costruire, con Pioli o con un’idea diversa da quelle del tecnico che comunque ha riportato lo Scudetto prima e il Milan tra le prime otto d’Europa poi, è ottima.

Per costruire con pazienza e con l’intelligenza e la capacità fin qui mostrata da Maldini, perché la possibilità di prendersi i Savicevic e i Papin di un tempo non c’è più, e peraltro il calcio dice che vince il Napoli che pesca un coreano e un 21enne georgiano, che potrebbe vincere l’Arsenal di Saka, Martinelli e Odegaard e non il City o soprattutto il Chelsea da 600 milioni e che il Psg che spende 630 milioni di stipendi all’anno non va oltre gli ottavi. Dal Milan al Milan dunque: primo e magnifico esempio di sfarzo e chissà, magari anche primo esempio di sostenibilità.

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