Quota cinquanta al giro di boa: Arsenal e Napoli l’hanno raggiunta in Premier e in Serie A, il Barcellona può raggiungerla nella Liga, avendo ancora due partite da giocare. Numeri importanti: il Napoli con 50 punti nel girone d’andata ha creato una distanza importante dalle avversarie, l’Arsenal pure, mentre per il Barcellona si profila il solito duello col Real Madrid. Numeri importanti anche per ciò che c’è dietro e non soltanto perché Napoli e Arsenal, dovessero tener duro fino in fondo, rappresenterebbero delle outsider (cosa che non si può ovviamente dire per il Barcellona), ma in particolare perché i progetti che li hanno portati fino a questo punto sono novità rispetto a quelli random delle squadre che puntano a vincere nei maggiori campionati europei.

Novità che devono essere tenute in considerazione in un periodo in cui la sostenibilità, sempre predicata ma di fatto mai messa in pratica, diventa un’esigenza precisa. Già, perché i progetti di Arsenal e Napoli sono simili: bassa età anagrafica, spesa per cartellini e ingaggi contenuta, un gioco divertente. L’Arsenal che ha stravinto il suo girone d’andata è infatti la squadra in assoluto più giovane della Premier League, con un’età media di 24,8 anni. Ha in panchina un 40enne, Mikel Arteta, che guida la squadra da quando ne aveva 37: è passato per due ottavi posti e un quinto posto, e oggi sta dominando la Premier. Un dominio che vede tra i protagonisti ragazzi per lo più al di sotto di venticinque anni: Bukayo Saka è la stella assoluta, ha 21 anni e vale già 100 milioni di euro secondo Transfermarkt, velocissimo e con un mancino al bacio…in Italia ci abbiamo fatto i meme per la trattenuta di Chiellini in finale degli Europei. E poi Martinelli, Odegaard che al Real Madrid era una meteora, Saliba 21 enne centrale di difesa che si muove come un veterano.

Insomma, Arteta, discepolo di Guardiola, è riuscito negli anni ad organizzare una squadra fortissima non avendo i budget messi a disposizione al suo maestro ma plasmando ragazzini: nell’ultima sessione di mercato l’Arsenal ha speso 132 milioni di euro, vero, ma c’è da considerare che è pur sempre una squadra di Premier e che in quel campionato ben 8 squadre hanno speso di più: il Chelsea finora ha messo sul piatto 460 milioni di euro…ed è decimo, lo United in estate ne ha spesi 240 ed è quarto in classifica, il Tottenham ha speso 170 milioni ed è quinto. Persino West Ham, Nottingham Forest e Wolverhampton hanno speso di più: oggi sono tra il 13esimo ed il 17esimo posto in Premier.

Il Napoli ha impostato un discorso simile, più per necessità che per filosofia: tra le poche società rimaste in Italia a conduzione familiare e non in mano a multinazionali straniere, gli azzurri non hanno un tecnico giovane come Arteta né la rosa più giovane della Serie A. Spalletti è l’allenatore più esperto del campionato sebbene abbia vinto poco, la rosa è settima per età media ma tra le “grandi” solo la Roma è complessivamente più giovane (26,2 anni gli azzurri, 25,8 i giallorossi). Ma il Napoli ha messo in piedi in estate un importante processo di ringiovanimento. Via il 31enne Insigne, dentro il 21enne Kvaratskhelia, via il 35enne Mertens dentro il 22enne Raspadori, via il 32enne Koulibaly dentro il 26enne Kim e così via in un quadro che va oltre un discorso anagrafico.

Sì perché Insigne, Mertens, Fabian, Ospina, Koulibaly rappresentavano l’ossatura della squadra e sono stati sostituiti con calciatori che 19 partite fa erano sconosciuti: Kim aveva giocato un campionato in Turchia, oggi nessun tifoso del Napoli lo scambierebbe per riavere indietro Koulibaly. Per non dire di Kvaratskhelia, un diamante vero scovato in Russia. Operazioni che tuttavia avevano sollevato in estate perplessità tra i tifosi che invece andavano in psicodramma quando Dybala preferiva la Roma agli azzurri e consideravano impietoso il paragone con la Juventus che aggiungeva al suo arco frecce del calibro di Di Maria e Pogba aggiungendo il miglior difensore che il mercato offriva, Bremer. D’altronde però, già il Milan l’anno prima aveva vinto con protagonisti come Kalulu, Bennacer, Tonali, ragazzi che non venivano da contesti prestigiosi, aspettando giovani come Leao che si sono rivelati poi fuoriclasse e puntando su calciatori ai margini nelle grandi europee come Theo e Giroud.

Per quanto attiene al Barcellona è chiaro che può apparire come una forzatura accostarlo ad Arsenal e Napoli, anche se il progetto blaugrana con Xavi non è da sottovalutare: del vecchio Barca è rimasto solo Busquets, e pur essendo il Barcellona una delle poche squadre della Liga a spendere (158 milioni nell’ultimo mercato) l’ossatura della rosa, che l’ha portata prima in classifica è composta da giovani come Gavi che di anni ne ha 18, come Pedri, che ne ha 20, quanti Ansu Fati. Il Barcellona è la seconda squadra più giovane della Liga dopo il Valencia, e pur passando per momenti difficili, come l’eliminazione in Champions, oggi sta dando il segnale di un futuro roseo all’orizzonte.

In comune c’è pure il dato di venire da esperienze negative o non proprio positive: Arteta ha mancato la qualificazione in Europa nel 2021 e alla Champions nel 2022, Spalletti aveva dato la sensazione di poter vincere il campionato col Napoli, salvo poi fermarsi con 3 sconfitte consecutive al Maradona contro Atalanta, Spezia ed Empoli, riprendere il cammino e fermarsi di nuovo perdendo a Empoli e con la Fiorentina al Maradona. Mentre Xavi è passato dall’eliminazione del Barcellona nella fase a gironi della Champions, cosa che non accadeva da vent’anni, perdendo poi in Coppa del Rey e in Supercoppa Spagnola.

E dando uno sguardo alla Francia emerge che il Paris Saint Germain, che ha una rosa non paragonabile a nessuna delle avversarie della Ligue 1, viene insidiato dal Lens, che è a soli 3 punti con una squadra in cui il calciatore più rappresentativo è l’ex Udinese Seko Fofana. Insomma più che ai nomi c’è da guardare ai modelli: la narrazione del “povero” Arsenal che vince contro i potenti City, United, Liverpool e Chelsea è sbagliata, visto che i Gunners sono di proprietà di un miliardario statunitense che ha squadre in Nba e in Nhl, idem se si parla del Barcellona. E’ l’idea di poter vincere o comunque competere per farlo con un progetto snello, a lungo termine e dove sia prevista la possibilità di sbagliare e soprattutto senza paccate di miliardi e dove hanno la possibilità di crescere ragazzi come Saka o Saliba o Nketiah piuttosto che spendere (e buttare) 80 milioni per Pepè o per Cucurella. Idem per l’Italia col Napoli: certo, è un’ovvietà dire che bisogna ambire a scovare i Kvaratskhelia a 10 milioni di euro, ma non lo è se a ciò si aggiunge il coraggio di rinunciare a simboli e colonne portanti per ripartire con un progetto nuovo e magari più economico. Un modello che in Serie A può essere uno stimolo anche per società non tradizionalmente abituate a competere per il vertice (come aveva mostrato anche l’Atalanta). E dunque, più che una corposa torre di fiches davanti o idee di finanza creativa contano le idee, sperando che non sia solo un caso.

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