L’Italia non fa ancora abbastanza per migliorare l’accesso alla contraccezione e la diffusione dei contraccettivi. Secondo l’Atlante di EPF (Forum europeo per i diritti sessuali riproduttivi) che, ogni anno, dà un punteggio ai 46 Stati europei, la posizione del nostro Paese in classifica, invece di migliorare è addirittura leggermente peggiorata: dal 59,3% di punteggio al 57,3 per cento. Nel 2023 i Paesi con il punteggio più alto, ben colorati di verde, sono stati ancora una volta Regno unito, Francia e Belgio, seguiti da Lussemburgo, Svezia e Irlanda. In fondo alla lista, colorati di rosso, troviamo Polonia. Bosnia-Erzegovina e Ungheria, dove l’accesso alla contraccezione è molto difficile.

Tra il verde del Regno unito (punteggio del 96,9%) e il rosso della Polonia (punteggio del 33,5%) l’Italia sta nel mezzo, colorata di giallo, con un 57,3% di punteggio, in compagnia di Serbia, Kosovo e Lituania e nettamente distante dagli altri paesi dell’Europa occidentale. Nel nostro Paese gli ostacoli alla contraccezione dipendono innanzitutto dalla non gratuità o compartecipazione dello Stato alla spesa. Fu un provvedimento della ministra Beatrice Lorenzin di luglio 2016, durante il governo Renzi, a mettere i contraccettivi tra i farmaci in fascia C, ovvero non rimborsabili con obbligo di ricetta. Inoltre, l’accesso alle informazioni è molto variabile.

In Italia, da anni a livello governativo non si smuove nulla o quasi. E le Regioni? Solo tre hanno introdotto provvedimenti a questo scopo: Puglia, Emilia Romagna, Toscana. In Lombardia una mozione votata dal Consiglio regionale non si è mai concretizzata in una delibera di giunta. Delibera che c’è stata in Piemonte, dove dal 2018 la contraccezione gratuita è stata prevista per alcune categorie (donne sotto i 26 anni, disoccupate nei 12 mesi successivi al parto e nei 24 mesi successivi all’interruzione volontaria di gravidanza). “Però solo sulla carta, perché questa delibera della precedente giunta non è stata finanziata da quella attuale di centrodestra”, sostiene Laura Onofri, di Se non ora quando Torino, organizzazione che denuncia la mancata attuazione della delibera dopo aver fatto le verifiche nei consultori. “Durante la campagna elettorale delle politiche una candidata, assessora della Giunta, a mia precisa domanda ha risposto che quei soldi erano stati messi su un capitolo diverso per allungare l’orario dei nidi”, dichiara Onofri.

Le politiche per la contraccezione nei Paesi europei sono analizzate e descritte ogni anno in un “Atlante della contraccezione”, quest’anno alla sua sesta edizione. Lo cura EPF, network di persone elette al Parlamento europeo ed impegnate sui diritti sessuali e riproduttivi. I criteri su cui si basa la valutazione sono la presenza o meno di norme che favoriscono l’accesso alla contraccezione (come la gratuità o la compartecipazione alla spesa da parte dello Stato), disponibilità di servizi di consulenza e orientamento, e di informazione online. Nonostante il tasso di gravidanze non volute in Europa sia il più basso al mondo, esso si aggira ancora intorno al 35 per cento del totale, come ha evidenziato il recente rapporto UNFPA. “L’accesso alla contraccezione è fondamentale per assicurare l’autonomia corporea delle donne e delle ragazze concorrendo, così, al raggiungimento della parità di genere, uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Le nostre istituzioni devono pertanto sostenere iniziative volte a facilitare questo accesso a livello nazionale e in ambito della cooperazione italiana attraverso il sostegno a programmi specifici per favoriscono l’accesso alla contraccezione ovunque”, dichiara Maria Grazia Panunzi, presidente di Aidos.

PUGLIA – È stata la prima Regione, nel 2008, ad introdurre la gratuità dei contraccettivi ormonali (non sui profilattici). Ne hanno diritto le persone fino a 25 anni di età, le donne in allattamento, le donne che hanno fatto una interruzione volontaria di gravidanza (indipendentemente da quanti anni sono passati), le donne non originarie di Paesi Ue, le esenti ticket. È anche la prima Regione ad aver introdotto un servizio informativo del tutto nuovo nel panorama italiano: una chat su Whatsapp con servizio attivo tutti i giorni dalle 8 alle 20 compresi prefestivi e festivi, anche quando i consultori sono chiusi.

Il progetto si chiama Evə e nasce nel 2022 anche sulla spinta offerta dall’Atlas europeo, come spiega Giulia Caradonna, Direttrice della Unità operativa Pianificazione Familiare- Percorso Nascita Ospedale Di Venere – Fallacara Bari: “Al compimento di dieci anni di attività del Centro abbiamo voluto fare il punto e valutare le migliaia di dati che avevamo raccolto su contraccezione e interruzione volontaria di gravidanza. In assoluto accordo con quanto riportato nell’Atlas, anche i nostri dati evidenziavano le difficoltà di accesso alla contraccezione: più dell’80% di ragazze e ragazzi non avevano mai fatto accesso ad un consultorio, ancor meno sapevano del fatto che la nostra regione offrisse la contraccezione gratuita”.

A rispondere alle domande sono le ostetriche dell’unità operativa, a rotazione e sempre affiancate da un operatore medico per i quesiti di pertinenza medica. Le domande più frequenti riguardano proprio la contraccezione. Infatti le problematiche più frequenti sono, nell’ordine: contraccezione di emergenza (dove reperirla e come), contraccezione gratuita in genere, errori sulla assunzione della pillola e consigli. Inoltre: dove praticare l’IVG (interruzione volontaria di gravidanza), come funziona e come accedere. A seguire: malattie sessualmente trasmesse, screening e HPV. “A scrivere sono per il 50% ragazze e ragazzi di Bari, un buon 25% invece dalle altre province della Puglia, il restante 25% dal resto di Italia”, continua Caradonna, tanto da spingere la direzione strategica a valutare la possibilità di estendere il servizio alla Puglia e restanti regioni.

EMILIA ROMAGNA – La contraccezione è gratuita dal 2017 per certe categorie di persone: giovani con meno di 26 anni; entro 24 mesi dall’intervento di interruzione volontaria di gravidanza per le donne in età compresa tra 26 e 45 anni provviste di esenzione per disoccupazione (codice regionale E02) o per quelle con esenzione per “lavoratrici colpite dalla crisi” (codice regionale E99); entro i 12 mesi dal parto, per le donne con esenzione per disoccupazione e lavoratrici colpite dalla crisi.

L’impatto della gratuità è evidente nei dati forniti dalla Regione Emilia Romagna a ilfattoquotidiano.it. Le prestazioni erogate per contraccezione nei consultori familiari alle persone con meni di 26 anni erano diminuite da circa 22mila a 16mila tra il 2012 e il 2017 (anno della delibera regionale che introduce la gratuità per età ed esenzioni) per poi aumentare gradualmente fino alle circa 78mila prestazioni del 2021. I dati sono incoraggianti, con ampio margine di miglioramento: nel 2022, infatti, si rivolte/i al servizio 25.045 utenti, che costituiscono il 5% della popolazione target.

Sono erogati gratuitamente contraccettivi ormonali (orali, transdermici e per via vaginale), impianti sottocutanei, dispositivi intrauterini (IUD al rame o con rilascio di progestinico), contraccezione d’emergenza (ormonale o IUD al rame), preservativi femminili e maschili. Nel 2022, sempre secondo i dati forniti dall’Assessorato alla salute, il contraccettivo maggiormente erogato è stato la pillola (199.363 confezioni erogate), quindi l’anello (38.675 confezioni erogate), il cerotto (1.562 confezioni erogate) e lo IUD medicato (1.562 confezioni), oltre a 59.090 profilattici.

Per ricevere gratuitamente il metodo contraccettivo e la consulenza medica o ostetrica è necessario essere iscritti al Servizio sanitario nazionale e residenti e assistiti (quindi con il medico di famiglia) in Emilia-Romagna, o titolari di tessera STP (Stranieri Temporaneamente Presenti) o PSU (Permesso di Soggiorno per motivi Umanitari). Il servizio è offerto su tutto il territorio regionale, da Consultori familiari, Spazi Giovani e Spazi Giovani Adulti. Inoltre, sul sito SaPeRiDoc (Centro di documentazione sulla salute perinatale e riproduttiva del Servizio sanitario regionale) è disponibile un opuscolo tradotto in più lingue che fornisce informazioni aggiornate sui criteri della scelta contraccettiva e illustra i metodi disponibili.

TOSCANA – Dal 2018 è la regione che garantisce gratuità alla più ampia fascia di popolazione residente. Alle persone sotto i 26 anni e quelle con esenzioni di vario tipo legate alla condizione lavorativa o in assenza di cittadinanza, vanno infatti aggiunte tutte le donne dai 26 ai 45 che abbiano un isee inferiore a 36000 euro (ovvero la maggioranza), tutte le donne tra i 26 e i 45 anni entro 12 mesi dal parto o entro 24 mesi dall’interruzione della gravidanza, gli/le studenti iscritte alle tre Università toscane di Firenze, Pisa e Siena e all’Università per stranieri di Siena, fino ai 25 anni di età.

Per le poche categorie che restano fuori dai casi descritti, i contraccettivi ormonali a lunga durata, cioè spirali a rilascio ormonale e impianti sottocutanei (cosiddetti LARC), sono parzialmente coperti da ticket, che comprende sia del dispositivo che inserimento a un costo molto conveniente.

I dati forniti dalla Regione Toscana a ilfattoquotidiano.it dimostrano che la gratuità paga in termini di prevenzione. I tassi mensili di erogazione di contraccettivi ormonali in regime consultoriale, infatti, sono aumentati dell’87.6% rispetto al periodo che precede la delibera e il numero di accessi al consultorio giovani è aumentato del 16,8%. Nel caso di questa regione si può anche osservare la relazione tra disponibilità della contraccezione gratuita e riduzione delle interruzioni volontarie di gravidanza. L’efficacia della campagna di contraccezione gratuita sulla riduzione delle gravidanze interrotte perché non volute è stata effettuata dal Laboratorio MeS (Management e Sanità) del Sant’Anna di Pisa. Nello studio, pubblicato sulla rivista scientifica NEJM Catalyst, si utilizza l’analisi statistica per misurare l’impatto della campagna prendendo in considerazione i tre anni prima e i due anni dopo l’introduzione del programma. Secondo la ricerca, i tassi annuali di interruzione volontaria di gravidanza sono scesi del 9% dal 2016 e il 2018 e del 17% dal 2018 al 2020. I dati mostrano inoltre che l’effetto della delibera regionale, pur essendo significativo anche per le donne italiane, è stato predominante nelle donne straniere. Anche la Regione Toscana ha sul proprio sito istituzionale una pagina che spiega in dettaglio le condizioni di accesso e gli indirizzi a cui rivolgersi.

Articolo Precedente

8 marzo – Welfare inesistente e patriarcato ancora imperante, è davvero difficile festeggiare

next
Articolo Successivo

Incarnare il femminile richiede una forma di coraggio, spesso segreto. Vale anche per Maria

next