Ritardi infrastrutturali, treni poco frequenti, linee a binario unico, lentezza nella riattivazione di quelle interrotte, chiuse e dismesse. E risorse economiche inadeguate. Sono i segnali di una transizione ecologica dei trasporti ancora troppo lenta. Dal 2018 al 2022 le inaugurazioni di nuovi binari in città sono state insufficienti: il ritmo è di un chilometro e mezzo all’anno di nuove metropolitane. Restano le differenze nelle aree del Paese: al Sud circolano meno treni, viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate e i convogli sono più vecchi, con un’età media di 18,5 anni. In calo rispetto a 19,2 del 2020, ma molto più elevata degli 11,9 anni di quelli del nord. Sono i dati del nuovo report Pendolaria 2023, in cui Legambiente fa il punto sul trasporto su ferro in Italia, che resta indietro rispetto agli altri Paesi europei. Nonostante le nuove risorse stanziate, come quelle del Fondo per la strategia di mobilità sostenibile, un punto dolente per il trasporto ferroviario è l’inadeguata attenzione da parte delle Regioni: nel 2021 gli stanziamenti sono stati, in media, pari allo 0,57% dei bilanci regionali. Tutto questo in un contesto in cui il sistema di sicurezza presenza molte lacune.

L’appello a Salvini – “Il processo di riconversione dei trasporti in Italia è fondamentale se vogliamo rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050, visto che il settore è responsabile di oltre un quarto delle emissioni climalteranti italiane” spiega il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, secondo cui “occorre investire in servizi, treni moderni, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce” e smettere “di rincorrere inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina”. Al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini l’associazione ambientalista chiede “di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio dei cantieri delle grandi opere”.

I pochissimi nuovi binari in città e il gap tra Nord e Sud – Anche perché c’è tanto lavoro da fare: nel 2018 sono stati inaugurati appena 0,6 chilometri, nel 2019 e 2020 neanche un tratto di nuove linee, nel 2021 solo 1,7 km, mentre nel 2022 il dato sale a 5,3 chilometri grazie all’apertura della prima tratta della M4, a Milano. Anche sulle nuove tranvie il dato medio dell’ultimo quinquennio è da dimenticare. Si parla di 2,1 km all’anno: 5,5 km inaugurati nel 2018, altri 5 nel 2019. E poi basta. Persiste, inoltre, il gap tra Nord e Mezzogiorno. Le corse dei treni regionali in Sicilia, ad esempio, sono ogni giorno 506 contro le 2.173 della Lombardia, dove la popolazione è pari al doppio dei siciliani (rispettivamente 10 e 5 milioni) con un’estensione inferiore a quella dell’isola. Emblematico è che tra Napoli e Bari non esistano, ancora oggi, treni diretti o che esistano situazioni come quella della linea Palermo-Trapani, via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) e della tratta Corato-Andria in Puglia (ancora inattiva dopo 6 anni e mezzo dal tragico incidente del 12 luglio 2016 che causò 23 morti).

Nella classifica delle 10 linee peggiori d’Italia, le prime posizioni sono occupate dalle ben note ex linee Circumvesuviane, dalla Roma-Lido e dalla Roma Nord-Viterbo. Seguono la Catania-Caltagirone-Gela, Milano-Mortara, Verona-Rovigo e Rovigo-Chioggia, Genova-Acqui-Asti, Novara-Biella-Santhià, Trento-Bassano Del Grappa, Portomaggiore-Bologna, Bari-Bitritto.

Più investimenti nel trasporto su gomma – Stando ai dati del Conto nazionale trasporti, dal 2010 al 2020 sono stati realizzati 310 chilometri di autostrade, a cui si aggiungono migliaia di chilometri di strade nazionali, a fronte di 91 chilometri di metropolitane e 63 chilometri di tranvie. Legambiente stima che il Governo Meloni dovrebbe prevedere maggiori risorse economiche “pari a 500 milioni l’anno per rafforzare il servizio ferroviario regionale (per acquisto e revamping dei treni) e 1,5 miliardi l’anno per realizzare linee metropolitane, tranvie, linee suburbane”. Si tratta complessivamente di 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030 “recuperabili dal bilancio dello Stato specialmente all’interno del vasto elenco di sussidi alle fonti fossili”. Nel frattempo, invece, si fa i conti con l’inadeguata attenzione da parte delle Regioni. Nel 2021 gli stanziamenti sono stati, in media, pari allo 0,57% dei bilanci regionali, in miglioramento rispetto allo 0,34% registrato nel 2020, ma in diminuzione rispetto allo 0,65% del 2019.

Le nuove risorse e l’elettrificazione delle linee regionali – “Dall’altro lato – spiega Legambiente – c’è da dire che con la legge di Bilancio 2022 è stato istituito il Fondo per la strategia di mobilità sostenibile che ha una dotazione di 2 miliardi di euro per ridurre le emissioni climalteranti del settore dei trasporti con diverse azioni, tra cui il rinnovo del parco circolante dei mezzi pubblici e la realizzazione di infrastrutture digitali per la gestione e il monitoraggio del traffico ferroviario”. Inoltre sono state previste risorse per il Fondo per il Trasporto Pubblico Locale, aumentato per il 2022 di 100 milioni di euro e per il 2023 di ulteriori 100 milioni, rendendo strutturali gli incrementi, costanti fino al 2026, anno in cui il valore totale arriverà a poco meno di 5,3 miliardi. “È un segnale positivo – spiega Legambiente – anche se saremo ancora sotto di 900 milioni rispetto al 2009”. E poi ci sono nuovi finanziamenti per l’acquisto di treni regionali e l’ammodernamento delle linee locali.

Tutte risorse importanti, ma per Legambiente occorre fare uno sforzo aggiuntivo stanziando 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030. Uno degli aspetti più positivi degli ultimi anni riguarda gli interventi di elettrificazione della rete e di installazione di sistemi di controllo della sicurezza. Sono previste risorse sia nel Pnrr sia nel contratto di programma di RFI. Gli interventi interessano complessivamente oltre 1.700 chilometri di rete e porteranno la quota di rete elettrificata in Italia dal 70,2% del 2022 a oltre il 78% a fine interventi. Si tratta di uno degli indicatori in cui l’Italia si mostra in vantaggio rispetto ad altri grandi Paesi europei. Ad esempio, in Spagna la rete elettrificata è circa il 63% del totale, mentre in Germania questa quota è ferma a poco più del 60%.

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