La decisione del Parlamento europeo di vietare la vendita di nuove auto a motore diesel o benzina dal 2035 “potrebbe avere in Italia un ‘effetto Cuba’“. In altri termini: “La gente non potrà comprare le auto elettriche perché troppo costose, e continuerà a girare con auto sempre più vecchie”. È quanto sostiene, schierandosi contro lo stop a diesel e benzina tra dodici anni, Maurizio Marchesini, vicepresidente di Confindustria per filiere e medie imprese.

L’iniziativa dell’Europarlamento, ha sostenuto Marchesini a Zapping su Rai Radio 1, “è stata presa su impulso ideologico, senza calcolare gli impatti ecologici, economici e sociali”. E ancora: “Non sono stati fissati solo gli obiettivi, ma anche il modo per arrivarci, cioè l’elettrico. Questo provocherà danni in Italia”. I sindacati, ha continuato, “calcolano 70.000 posti di lavoro a rischio, che diventeranno il doppio sull’intera filiera” e saranno “solo parzialmente compensati dai nuovi addetti nell’elettrico, che impiega molte meno persone”.

Il vicepresidente di Confindustria ha ammesso che sull’auto elettrica “l’Italia è particolarmente indietro”, perché “la sua industria è specializzata sui motori endotermici, il Paese è in ritardo sull’infrastruttura di ricarica, e sono poche le auto elettriche circolanti”. Ma in questa vicenda, ha aggiunto Marchesini, il nostro paese “paga le scelte fatte dai tedeschi dopo il Dieselgate”, quando l’automotive di Berlino, sull’onda dello scandalo dei test truccati, decise in blocco di abbandonare l’endotermico e passare all’elettrico.

Per Marchesini “l’industria italiana non fa una battaglia di retroguardia, la transizione va fatta e può essere un buon affare”. Tuttavia chiede all’Europa la “neutralità tecnologica”. In altri termini: “Va bene l’obiettivo, ma anche con altri mezzi, come i biocarburanti o l’idrogeno”. E chiede di “cominciare a incentivare pesantemente la transizione” che “costerà molto”.

Il giorno dopo la decisione del Parlamento europeo di mettere al bando la vendita di nuove auto a motore endotermico, il governo italiano ribadisce il suo no, giudicando la scadenza troppo ravvicinata e dannosa per l’automotive nazionale. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani annuncia una controproposta – limitare il bando al 90% delle auto – e il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ammette che “l’Italia è in ritardo” sulla transizione nel comparto auto, e che dobbiamo “accelerare sugli investimenti”.

Mentre le imprese del settore si spaccano. Se per Marchesini si rischia un “effetto Cuba” e per le piccole-medie imprese di Confapi sono in bilico 195.000 posti, per le aziende dell’elettrico di Motus-E, l’unico modo per salvare l’occupazione è seguire il trend dell’automotive mondiale. Gli ambientalisti giudicano positivamente la decisione, ma Greenpeace dice che il bando doveva essere anticipato al 2028.

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