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“Diede cianuro al marito per stare con l’amante”, in appello confermata la condanna a 30 anni per Loredana Graziano

Le indagini erano state riaperte dopo le dichiarazioni dell’ex amante e compagno della donna, che aveva riferito che sarebbe stata lei stessa a confessargli di aver avvelenato il marito. A spingerla la voglia di cambiare vita e il desiderio di maternità
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L’accusa è di aver avvelenato il marito per poter stare con l’amante. Oggi i giudici della II sezione della Corte d’appello di Palermo hanno confermato la condanna a 30 anni di carcere per Loredana Graziano, 37 anni, accusata di avere somministrato cianuro e di un anticoagulante, il Coumadin, a Sebastiano Rosella Musico di 40 anni a gennaio del 2019. Le indagini dei carabinieri e l’autopsia eseguita sul corpo dell’uomo accertarono che che non morì per un malore.

Le indagini erano state riaperte dopo le dichiarazioni dell’ex amante e compagno della donna, che aveva riferito che sarebbe stata lei stessa a confessargli di aver avvelenato il marito. A spingerla la voglia di cambiare vita e il desiderio di maternità come emergeva anche da numerose intercettazioni. I giudici hanno rigettato la richiesta di arresti domiciliari avanzata dal legale della donna, interdetta in perpetuo dai pubblici uffici e sospesa dall’esercizio della responsabilità genitoriale per tutta la durata della pena. Loredana Graziano è stata condannata al pagamento di una provvisionale esecutiva di 140 mila euro a favore dei familiari della vittima che si sono costituiti in giudizio assistiti dagli avvocati Salvatore Sansone e Provvidenza Di Lisi. Il risarcimento sarà stabilito con un nuovo processo in sede civile.

“La conferma della sentenza non può alleviare il dolore di madre. Forse solo il Signore può perdonare questa donna che mi ha privato di un figlio. Da lei, che è stata parte della nostra famiglia, non vedo nessun cenno di pentimento né segno di pietà. Io non posso perdonarla. Il nostro dolore resta incancellabile” dice Antonina Filicicchia la madre della vittima. “La conferma della sentenza di condanna evidenzia la solidità del lavoro fatto nel primo grado di giudizio – dicono gli avvocati Salvatore Sansone e Provvidenza Di Lisi che hanno assistito i familiari costituitisi parti civili – Sarà ora compito della difesa delle parti civili intraprendere le opportune iniziative di legge per ottenere i giusti risarcimenti per il danno procurato con una condotta che è stata pienamente confermata dalla Corte d’assise di appello”.

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