Nelle casse comunali non ci sono soldi sufficienti per comprare le luminarie per Natale, ma ce ne sono per un aumento delle indennità di sindaco e giunta. Succede a Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese, una città tristemente nota alle cronache per la forte presenza mafiosa, le cui casse comunali non godono di ottima salute, anzi. Il comune è in predissesto, vale a dire che attende di sapere se il piano di riequilibrio verrà approvato dalla Corte dei conti o se dovrà intraprendere la rigida via del dissesto. Vanta, infatti, un debito di 40 milioni circa che verrà spalmato in 15 anni, questo perlomeno ha chiesto il comune di Barcellona che fino all’esito dei giudici tributari resta con la spada di Damocle del fallimento. Un contesto finanziario che non basta a fermare l’aumento delle indennità per il primo cittadino e per la sua giunta di centrodestra: “La nostra è una battaglia di dignità: l’aumento è previsto per legge. Gli amministratori comunali hanno diritto a una giusta retribuzione, visti i rischi e i sacrifici. Un parlamentare prende 15mila euro, perché un amministratore locale non deve ricevere il giusto rispetto?”, chiede il sindaco Giuseppe Calabrò, eletto nelle file di Forza Italia, ma adesso in rapporti tesi con i rappresentanti del partito locale.

L’aumento delle indennità è previsto per legge da una finanziaria nazionale, la Sicilia però nel recepire la legge ha inserito un comma che scarica l’aumento sulle casse comunali: “Gli enti locali possono applicare con oneri a loro carico”. L’aumento dunque, prima ancora di conoscere l’esito della Corte dei conti, ricadrà sulle casse comunali di Barcellona, lì, cioè, dove soldi per gli addobbi natalizi non ce n’erano. Particolare che non ha fermato l’amministrazione che proprio sotto Natale, ovvero il 23 dicembre, ha pubblicato la determina n.787, in cui mette nero su bianco l’aumento. “Gli addobbi li abbiamo pagati di tasca nostra e alcuni sono stati pagati da associazioni locali”, sottolinea Calabrò. “Questo conferma che non c’erano fondi comunali a sufficienza, ce ne saranno invece per le loro indennità?”, chiede Raffaella Campo, consigliera comunale di opposizione. Che continua: “Nonostante sia legittima la scelta di questa amministrazione appare irriguardosa nei confronti dei cittadini vessati da anni dagli aumenti dovuti al piano di riequilibrio. In molti comuni italiani gli amministratori hanno scelto di rinunciare agli aumenti o di accedervi gradualmente per non dover richiedere alcun anticipo all’Ente e lasciare preziose risorse nelle casse comunali, a disposizione di servizi per i cittadini”. Il comune di Oliveri, ma anche quello di Santa Lucia del Mela, tutti comuni vicini a Barcellona, per esempio, hanno scelto di evitare l’aumento: “Stiamo parlando di comuni molto piccoli: non hanno le nostre responsabilità, i nostri impegni, né i nostri rischi”, continua Calabrò.

Che sciorina numeri: “Prendo 2810 euro lordi, il sindaco che mi precedeva ne prendeva 3914. Io non ho certo bisogno di questi aumenti, ho un reddito personale più che sufficiente, ma è una questione di dignità per i miei assessori, alcuni di loro guadagnano appena 450 euro netti chi gode di altro reddito, 950 chi non ne ha: sono cifre ridicole per chi vive dentro il palazzo comunale, dando tutto il suo tempo per questa comunità. Mentre i parlamentari prendono un’indennità altissima per schiacciare un bottone”. L’aumento per sindaco e assessori, intanto, sarà di poco inizialmente, mentre andrà ad aumentare: il 40 per cento del 22, il 60 nel 2023, il 100 per cento nel 2024. “Una battaglia che facciamo per chi verrà dopo di noi”, dice ancora. Ma il suo mandato naturale finirà nel 2025. Mentre l’aumento va a ritroso, ovvero dal luglio del 2022: da quella data l’indennizzo lordo del sindaco sarà di 3501 euro lordi, quello dei suoi assessori di 1568. Dal gennaio 2023, invece, sarà 3855 per il primo cittadino, 1730 per gli assessori. Mentre salirà nel 2014 fino a 4.347, per gli assessori 1.1956. Senza contare vice sindaco, presidente del consiglio comunale e gettoni di presenza: pure questi aumentati. Nel frattempo: “I servizi essenziali come la mensa scolastica non vengono erogati da anni”, ricorda Campo.

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