In zona Cesarini, ma forse fuori tempo massimo per poter contare davvero qualcosa. La delegazione italiana è pronta a prendere parte alla ministeriale dell’Agenzia spaziale europea, in programma da oggi a Parigi. Un appuntamento fondamentale per l’industria spaziale continentale e italiana, visto che saranno ridiscussi gli investimenti già messi nero su bianco nella precedente edizione. Si parla di quasi 2,7 miliardi di euro, nonché di limare gli equilibri europei di un settore in cui il made in Italy rappresenta una eccellenza assoluta. L’avvicinamento all’evento parigino, tuttavia, è stato vissuto con un certo affanno da parte del governo Meloni. E non solo per colpe proprie. La mancanza di una strategia nazionale ben definita durante l’interregno Colao-Firpo (Governo Draghi) ha pesato non poco sulle scelte del nuovo esecutivo, che comunque ci ha messo del suo per arrivare alla ministeriale Esa non nelle migliori condizioni possibili.

La conferma indiretta è arrivata dalla composizione della delegazione partita da Roma alla volta della capitale francese. A guidarla il ministro per le Imprese Adolfo Urso, a cui è stata assegnata la delega per le politiche spaziali e aerospaziali: una nomina arrivata troppo tardi e che mette il settore in forte difficoltà strategica al cospetto di Francia e Germania, che da sempre la fanno da padrona in Europa quando si tratta di ragionare sugli investimenti continentali per le proprie industrie nazionali. Insieme a Urso c’è Elena Grifoni Winters, ex capo di gabinetto del direttore generale di Esa, Josef Aschbacher, attualmente alla guida guida del nuovo ufficio di Palazzo Chigi e al centro delle accuse degli addetti ai lavori che fanno notare la sua scarsa competenza squisitamente tecnica nel settore. Con loro anche Giorgio Saccoccia, il presidente dell’Agenzia spaziale italiana che di fatto è stata esautorata nella gestione dei fondi.

Poi ci sono i tecnici, ovvero Antonio Bartoloni (direttore generale per la riconversione industriale e grandi filiere produttive all’ex Mise), il consigliere diplomatico di Urso Mario Cospito (fino a 20 giorni fa dirigente di Avio) e il generale Luigi De Leverano (nominato consigliere militare del presidente del Consiglio da Mario Draghi e prossimo alla pensione). A completare la delegazione, infine, c’è Stefano Gualandris: leghista della prima ora, da sempre fidato collaboratore del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che lo ha voluto con sé prima al Mise e ora al Tesoro. Secondo le ricostruzioni fornite a ilfattoquotidiano.it, la presenza di Gualandris a Parigi è stata richiesta informalmente da Giorgetti a Urso, che ha immediatamente accettato. E non è un caso. Gualandris, oltre a essere un esperto del settore, ha già partecipato ad altre ministeriali, si è occupato del comparto durante il primo governo Conte e ha avuto un ruolo strategico anche con il governo Draghi. Una presenza che significa continuità, anche politica. E che punta a salvare capra e cavoli o almeno a limitare i danni in una situazione oggettivamente complessa. Basterà?

In attesa di risposte dalla cronaca, i soliti maligni fanno notare due incongruenze. La prima: il ministro Urso non ha una conoscenza perfetta della lingua inglese e questo aspetto potrebbe penalizzarlo non poco quando si tratterà di parlare di tecnicismi con i suoi omologhi di altri Paesi. Si verrebbe a ricreare, insomma, la stessa situazione vissuta alla Cop27 di Sharm el-Sheikh con il ministro della Sicurezza ambientale Gilberto Pichetto Fratin, anche lui non ferrato in inglese. La seconda: la gestione Colao e il ritardo nella nomina di Urso hanno fatto sì che l’Italia sia stata assente alle riunioni preliminari su temi importanti; in tal senso Francia e Germania si sarebbero già accordate per assegnarsi vantaggi non indifferenti nella distribuzione della torta. Un aspetto, se confermato, che rappresenterebbe un danno enorme per uno dei fiori all’occhiello del made in Italy, ovvero Avio: non avendo partecipato agli incontri preliminari e non avendo quindi fatto attività di lobbying, l’Italia ha praticamente consegnato all’asse franco-tedesco la decisione sulla proposta del direttore generale Esa, che tecnicamente lascia l’azienda italiana sotto il controllo di ArianeGroup nei progetti più importanti, con enorme danno economico e strategico per l’azienda italiana. Il contentino, invece, potrebbe arrivare con l’affidamento all’Italia del Direttorato Esa della scienza: importante per prestigio ma per nulla strategico dal punto di vista industriale. Insomma: sarebbe la più classica delle vittorie di Pirro.

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