C’è una nomina governativa che, ancora prima di essere assegnata ufficialmente, ha creato una serie di frizioni all’interno della maggioranza di centrodestra. Si tratta della delega per le politiche spaziali e aerospaziali, che salvo colpi di scena finirà nelle mani del ministro delle Imprese e del made in Italy (ex Mise) Adolfo Urso. Il verbale di assegnazione ancora non c’è, ma l’ex presidente del Copasir già si muove da delegato: per mercoledì, ad esempio, è prevista la sua presenza nella sede dell’Agenzia spaziale italiana, dove si terrà una riunione per preparare la strategia da presentare durante la ministeriale Esa (Agenzia spaziale europea), in programma a Parigi nella seconda metà di novembre. Se Urso sarà in Francia – e su questo arrivano conferme da più fonti – è davvero complesso ipotizzare un cambio di rotta da parte di Giorgia Meloni, che per legge è la titolare dell’autorità politica sullo spazio e a lei, in quanto premier, spetta la nomina di un delegato per i ruoli operativi. Urso, in tal senso, è un fedelissimo della premier, che quindi ha voluto affidare un esponente del suo cerchio magico il ruolo strategico. La conseguenza? Questa mossa non è piaciuta né a Forza Italia né tanto meno alla Lega di Salvini, che con Giorgetti ha gestito il settore durante il primo Governo Conte e contribuito in maniera determinante durante il Governo Draghi, quando il comparto era affidato al ministro per l’Innovazione tecnologica Vittorio Colao.

Secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, il Carroccio avrebbe preferito uno schema completamente diverso, ovvero quello di affidare la delega al ministro dell’Economia (in tal caso di nuovo a Giorgetti) come accade in Francia e Germania, i maggiori competitor spaziali all’interno di Esa. In alternativa, per la Lega sarebbe stato meglio affidare la delega al sottosegretario all’Innovazione tecnologica Alessio Butti, anche per non sbilanciare gli equilibri all’interno del Comint e non far diventare l’ex Mise un ministero con un potere sempre più grande. Giorgia Meloni ha deciso diversamente, spezzando il predominio leghista nel settore e creando non pochi malumori non solo nella sua maggioranza, ma anche nell’industria aerospaziale italiana. In tal senso, alleati di governo e imprenditori lamentano un eccessivo squilibrio politico nel comparto difesa-aerospazio, completamente nelle mani di Fratelli d’Italia. Gli industriali, in particolare, temono di ritornare indietro nel tempo, quando gli appalti (si parla di milioni e milioni di euro) erano oggetto di una guerra tra due diverse fazioni, una legata al centrosinistra e l’altra alla destra. Erano i tempi in cui chi era al governo faceva lavorare il proprio gruppo di riferimento, con buona pace degli industriali nemici, che dovevano accontentarsi delle briciole.

Questo schema, interrotto durante il Governo Conte 1, ora rischia di riproporsi, ma anche le aziende e gli imprenditori tradizionalmente legate al partito di Meloni non starebbero festeggiando, perché avrebbero gli occhi di tutti puntati addosso e perché temono di ricevere contratti non per merito e operatività ma per vicinanza politica. Nota di cronaca: tra le aziende di area c’è anche la On Air Consulting, società di consulenza fondata e amministrata da Marco Airaghi (ex parlamentare di Alleanza Nazionale) e da Enrico Saggese, ex presidente Asi arrestato nel 2014 e poi assolto dall’accusa di tentata concussione (è ancora a processo con l’accusa di corruzione). Che ruolo avranno nel nuovo spazio a trazione Fratelli d’Italia? Si vedrà. Se si parla del settore industriale, poi, è davvero impossibile non ricordare che lo spazio è uno degli asset fondamentali anche per il ministero della Difesa, attualmente guidato da Guido Crosetto. In tal senso, non è mistero che il fondatore di Fratelli d’Italia prima di entrare nel governo dalla porta principale sia stato per anni presidente dell’Aiad, acronimo che sta per Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza. Insomma: Crosetto è uno dei massimi esperti italiani del settore, con rapporti freschi e ben consolidati con moltissime società dell’indotto. E questo dato di fatto fa storcere il naso a molti.

Poi resta la questione della competenza e della strategia nazionale, tutt’altro che secondaria nel momento contingente. A Parigi l’Italia andrà a discutere investimenti per 2,8 miliardi (il settore può contare su 4 miliardi di investimenti più 2,2 miliardi previsti dal Pnrr), il tempo stringe e il settore è strategico, come dimostra anche il ruolo dei satelliti nella guerra in Ucraina. Per alcuni, l’Italia proverà a ridimensionare lo strapotere francese all’interno di Esa. Si tratta di un tema ricorrente, specie perché da anni si parla di un’Italia soggiogata da Parigi nonostante le assolute eccellenze del Made in Italy: i due Paesi, tuttavia, hanno troppi progetti industriali in comune per immaginare uno strappo. Più facile, invece, ipotizzare l’apertura di trattative strategiche con i tedeschi per bilanciare quelle con i francesi e sdoganare Roma dalla sua subalternità a Parigi. Chi porterà avanti questa linea politica? Per ora l’unica certezza è che ci sarà Adolfo Urso, che sul tema – da presidente Copasir uscente – ha firmato una relazione sul “dominio aerospaziale quale nuova frontiera della competizione geopolitica”. I pareri del mondo spaziale? Non lusinghieri (eufemismo).

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