Un dipendente, che è anche suo cognato, muore per un incidente sul lavoro in fabbrica, ma il titolare, dopo aver incassato un milione di euro dalla compagnia di assicurazioni, fa sparire la somma. Chiude l’azienda e intesta i beni alla figlia. Adesso sono arrivate una condanna civile al risarcimento (un milione e 300mila euro) e anche una sentenza penale, con una pena di 4 mesi di reclusione. L’incidente era avvenuto nel marzo 2018 a Loria, in provincia di Treviso. L’operaio Roberto Romanò, 54 anni, di Tezze sul Brenta (Vicenza) era stato schiacciato tra un muletto e un carico di sassi mentre si trovava nell’azienda di Dino Trentin, 62 anni, residente nello stesso paese del cognato, titolare del Centro Veneziane di Castelfranco Veneto.

Dopo il dolore, le pratiche per ottenere il risarcimento da una compagnia di assicurazioni. La vicenda è stata ricostruita dallo studio Giesse, specializzato in pratiche per danni, a cui la moglie, i figli, i genitori e i fratelli della vittima si sono rivolti quando non sono riusciti ad entrare in possesso della somma. Hanno ricostruito come nel marzo 2019 il Trentin, tramite un legale di Padova, avesse ottenuto il versamento nel conto corrente della società di 1 milione di euro, pari al massimale previsto. Si trattava di un passaggio legittimo, visto che la polizza assicurativa era stata stipulata dalla società. La compagnia spiegava che la cifra finale sarebbe stata addirittura superiore ed era suddivisa in parti, tenendo conto delle persone beneficiarie. “Appena due giorni e il maxi-risarcimento, invece di essere doverosamente trasferito ai legittimi destinatari, viene spostato sul conto corrente personale della figlia di Trentin, che non fa parte della compagine societaria. – spiega in un comunicato lo studio Giesse – Il 15 aprile le somme vengono trasferite attraverso 6 assegni e 4 bonifici a diversi destinatari, prosciugando l’intero risarcimento. Meno di 10 giorni e la società Centro Veneziane viene cancellata dal registro delle imprese, senza neppure essere stata posta in liquidazione”.

Alcuni mesi dopo, davanti al tribunale di Treviso, sezione lavoro, viene incardinato il ricorso per l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro (quindi Trentin) per l’incidente mortale sul lavoro. Una decina di giorni dopo, Trentin e la moglie (che era anche sua socia) avrebbero intestato alla figlia e al suo convivente anche gli immobili di valore più consistente. Visto che ai familiari di Romanò non era arrivato, gli interessati si erano rivolti allo studio Giesse, e successivamente avevano presentato una denuncia alla guardia di finanza di Treviso che ha ricostruito i passaggi del denaro, dal momento in cui la compagnia assicuratrice lo avevano depositato nel conto della società. La somma era poi stata dirottata altrove, con una fetta consistente che risulta girata ad un avvocato. Gli eredi dell’operaio morto hanno chiesto e ottenuto il sequestro conservativo di beni mobili, immobili e crediti di Trentin. Mancando però il milione di euro dell’assicurazione, non è stato possibile finora ottenere quanto dovuto. “I famigliari non hanno ancora ricevuto un solo euro. Dopo la tragedia, è una beffa – affermano Claudio Dal Borgo e Beppino Battocchio di Giesse -. Continueremo a batterci fino a quando i familiari di Roberto non avranno ottenuto piena e doverosa giustizia”.

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