Altre tre persone sono state condannate a morte dai tribunali iraniani in seguito agli scontri avvenuti in diverse città dell’Iran durante le manifestazioni di protesta per la morte di Mahsa Amini, che da due mesi si ripetono in tutto il Paese. Sale così a cinque il totale delle condanne alla pena capitale emesse in tre giorni. Un uomo è stato condannato per aver aggredito agenti di polizia con la sua auto, uccidendone uno, un altro per avere accoltellato un agente di sicurezza e un terzo per aver cercato di bloccare il traffico e diffondere “terrore“, riferisce il sito della magistratura iraniana.

Domenica scorsa era stata emessa la prima sentenza di condanna a morte per un manifestante, con altre 756 persone mandate a processo. Poi è arrivata una seconda condanna: il capo d’accusa che ha comportato la pena capitale è quello di “uso di armi per creare paura e insicurezza” (“Muharebeh” in farsi). La sentenza, recita il comunicato, citato dall’agenzia Fars, concede la facoltà di ricorrere in appello. Secondo i dati dell’agenzia degli attivisti dei diritti umani dell’Iran, Hrana, da quando le proteste sono iniziate almeno 348 persone hanno perso la vita, tra cui 52 minori e 38 membri delle forze di sicurezza, mentre gli arrestati sono quasi 16mila.

Nonostante la repressione violenta, le condanne a morte e i processi, a due mesi esatti dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda deceduta esattamente due mesi fa dopo essere stata arrestata perché non portava il velo in modo corretto, continuano anche oggi gli scioperi nei mercati e le proteste in università o nelle strade di varie città iraniane. Oltre alle dimostrazioni per Mahsa, sono in corso proteste anche per commemorare le oltre 1500 persone morte nelle rivolte scatenate dall’aumento dei prezzi del carburante nel novembre 2019, di cui in questi giorni cade il terzo anniversario. Attivisti avevano convocato ieri tre giorni di manifestazione per ricordare quel periodo, diventato noto come “il novembre di sangue“.

Una grande folla si è radunata di fronte alla casa di Foad Mohammadi, ucciso martedì in seguito a forti scontri tra dimostranti e polizia durante manifestazioni nella città curda di Kamyaran, dove le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sui manifestanti ferendo alcune persone. Sempre nella giornata di ieri, anche altre due persone sono rimaste uccise durante dimostrazioni a Sanandaj.

Nella capitale Teheran, le forze dell’ordine hanno utilizzato gas lacrimogeni e armi da fuoco contro i manifestanti presso il mercato del ferro, cercando di costringere con minacce i commercianti in sciopero ad aprire i negozi chiusi. Anche in una stazione della linea metropolitana nella capitale, come si può vedere in vari video amatoriali condivisi sui social media, si sono verificati scontri tra forze dell’ordine e alcuni dei passeggeri che gridavano slogan come: “Lotteremo e moriremo per riprenderci l’Iran“. Tra le persone arrestate oggi ci sono molti studenti universitari mentre a 150 studentesse dell’università femminile Alzahra è stato vietato di entrare nell’ateneo. “Giureremo sul sangue delle nostre amiche, resisteremo fino alla fine”, è stato uno degli slogan cantati dalle studentesse che chiedevano il rilascio di compagne di classe imprigionate.

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