Ancora un paio di settimane e la prima legge di Bilancio del governo Meloni dovrebbe vedere la luce. Come sempre accade in questi casi molte le cose che bollono in pentola prima del varo. Nulla però di particolarmente originale. La manovra parte dai 21 miliardi in deficit destinati al contrasto del caro-energia che vanno ad aggiungersi ai 9 miliardi stanziati con il decreto Aiuti quater. Altre risorse serviranno per finanziare le altre misure, dall’estensione della flat tax al 15% per le partite Iva e per eventuali aumenti di stipendio dei dipendenti, fino alle pensioni. Si ragione di una legge che dovrebbe valere complessivamente circa 30 miliardi di euro. Dei soldi sono attesi dalla revisione del Reddito di cittadinanza . Si ipotizza poi una rimodulazione della tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche (al 25%). Ci sono poi i denari attesi dal nuovo condono, pudicamente ribattezzato “tregua fiscale”. Le cartelle sotto i mille euro precedenti al 2019 dovrebbero essere sanate, per quelle di importi superiori si prospetta un mix di saldo e stralcio. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non perde occasione per invocare un atteggiamento prudente e responsabile. Insomma a frenare su interventi troppo arditi, da libro dei sogni.

Un cantiere in fermento è quello delle pensioni. Secondo quanto scrive oggi il Corriere della Sera il ministero dell’Economia starebbe lavorando ad un sistema che prevede finestre per l’uscita anticipata (per esempio a 62 o 63 anni con un congruo numero minimo di anni di contributi) ma anche incentivi per chi decide di restare con un aumento in busta paga che potrebbe essere anche del 10%. L’azienda potrebbe quindi godere di un calo del costo lordo del lavoro, il dipendente di una busta paga più alta. Poi il pensionamento avverrebbe sulla base dei contributi accumulati fino al momento in cui il lavoratore ha scelto questa opzione, senza contare l’anzianità degli ultimi anni di lavoro incentivato”. L’idea del governo è in ogni caso quella di superare la legge Fornero. Nella manovra dovrebbero trovare posto la proroga di opzione donna (58 anni per le dipendenti, 59 per le autonome e 35 anni di contributi) e Ape sociale (da 63 anni per i lavori gravosi) e vedere la luce, per un anno, Quota 41 (gli anni di contributi, ndr), ma con 61-62 anni di età. La soluzione secca con soli 41 anni di contributi costerebbe 4,5 miliardi soltanto il primo anno. Dibattito ancora aperto sul Superbonus edilizio.

Ieri il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, con la costanza di una goccia che cava la pietra, è tornato a chiedere un taglio al cuneo fiscale (la differenza tra stipendio lordo e netto) di 16 miliardi di euro l’anno. Come al solito il leader degli imprenditori “vende” la sua proposta come se andasse principalmente a favore dei lavoratori. Il taglio dovrebbe andare per 2/3 a favore del dipendente e per 1/3 a favore dell’azienda. La verità è che le tasse, benché materialmente versate dall’azienda, sono tutte a carico del lavoratore visto che l’impresa può calibrare lo stipendio in base a quello che deve poi pagare allo Stato. Direttamente o indirettamente i benefici del taglio vanno insomma quasi tutti al datore di lavoro. Bonomi ha anche affermato che non sarebbe troppo difficile tagliare 50-60 miliardi di euro dalla spesa pubblica per finanziare la misura.

Questo mentre la Nota di aggiornamenti di bilancio (Nadef) vede una spesa pensionistica aumentare di quasi 60 miliardi nei prossimi 3 anni, un incremento della spesa per gli interessi sul debito e una spesa per la sanità in termini reali che scende del 15% a meno che non arrivino interventi del governo per correggere la flessione. Chissà forse si potrebbe iniziare a sfoltire i tanti sussidi alle imprese che assorbono alcune decine di miliardi ogni anno. Al presidente Bonomi ha risposto a stretto giro il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso: “Non si può fare tutto e subito, possiamo fare ciò che è possibile e tracciare la rotta. Il taglio del cuneo fiscale sarà per 2/3 per il lavoratore e 1/3 per l’azienda”. Urso ha poi dettagliato il suo punto di vista in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano. “Troveremo i soldi per tagliare il cuneo fiscale nel corso della legislatura, ora acceleriamo sul Pnrr e le semplificazioni per dare sprint alle aziende, creare lavoro, difendere le filiere strategiche”. In sostanza verrebbe per ora solo prorogato il piccolo taglio al cuneo del 2% introdotto dal precedente governo.

Articolo Precedente

L’evasione non è mai innocente. Ecco tutte le narrazioni fuorvianti a favore del contante

next
Articolo Successivo

Addio a Gianni Toniolo, storico dell’Economia e autore delle principali pubblicazioni su Banca d’Italia

next