Con la prossima riforma del campionato in Serie C non esisterà nemmeno più un campionato, ma un grande, unico playoff per decidere le promozioni. Mentre il calcio italiano da anni si interroga sulle soluzioni per rendere sostenibile il movimento senza partorire lo straccio di un’idea, mentre il presidente della Figc Gabriele Gravina lavora tra mille difficoltà a una riforma di sistema che ha promesso dal 2018 e non riesce a portare a termine, la Lega Pro scappa in avanti e propone la sua personalissima soluzione alla crisi: trasformare la Serie C in una specie di gioco dell’oca. Si complicano le formule, aumentano le partite, ma non si fa la cosa più semplice che tutti predicano da tempo e nessuno vuole attuare: ridurre il numero di squadre professionistiche, che il moribondo movimento italiano non può più permettersi.

IL FORMAT: 6 GIRONI DA 10 E POI LO STILLICIDIO DEI PLAYOFF – Partiamo dalla base, cioè dalla proposta del n.1 della Lega, Francesco Ghirelli. Dimentichiamoci la tradizionale struttura a tre gironi (che resiste dal 2013), e persino il concetto stesso di campionato, perché in futuro non ci sarà più nessuna promozione diretta per le vincitrici. La stagione si dividerà in tre fasi. Nella prima, le squadre saranno divise non più in 3 gironi da 20, ma in 6 gironi da 10, per moltiplicare i derby. Le prime 5 passano alla poule promozione, le ultime 5 alla poule retrocessione (3 gruppi ciascuna): è la seconda fase, forse la più cervellotica, in cui ci si porta dietro il 50% dei punti della prima, e al termine le prime 3 accedono direttamente alle finali, le altre (e persino alcune ripescate dalla retrocessione) giocano gli spareggi a 27 squadre, che dovranno alla fine diventare 6. Così si arriva alla fase finale delle Top-16: quattro tabelloni da 4 in scontri diretti, ciascuno mette in palio una promozione. Se ci avete capito qualcosa, potete sperare nella Serie B.

LA RIFORMA DI SISTEMA CHE NON C’È – La vera questione, però, non è tanto il giudizio di merito sul nuovo format (che può piacere o meno), ma come questo possa conciliarsi con l’idea di una riforma vera, di sistema, che doveva partire da un principio di base: la riduzione del numero di squadre professionistiche. Oggi il sistema ne prevede 100: evidentemente troppe, come dimostrano le continue difficoltà finanziarie e i fallimenti, a volte persino a stagione in corso. Il presidente federale Gravina è stato eletto promettendo una riforma che fin qui si è arenata anche per i troppi diktat incrociati. A novembre è convocata un’assemblea straordinaria, si dice proprio per rimuovere i poteri di veto delle Leghe e procedere. La formula giusta ancora non c’è, ma Gravina ha sempre ragionato su un perimetro di 60 società (orientativamente 20 per categoria, con promozioni e retrocessioni simmetriche), e sotto il cuscinetto del semi-professionismo (che il governo però non ha mai voluto pienamente riconoscere al pallone, sono state previste solo alcune agevolazioni). Che senso ha lanciare adesso una riforma autonoma della Serie C, che prevede ancora 60 squadre come se nulla fosse?

LA VISIONE DI GHIRELLI, LA STRONCATURA DI GRAVINA – “38 partite lineari per un ragazzo della generazione Z sono una noia mortale: se non cambiamo, moriremo”, spiega Ghirelli a ilfattoquotidiano.it. Nella sua visione, c’è la volontà di puntare sulla territorialità nella prima fase e sull’eliminazione diretta nella seconda, sulla scorta degli ottimi risultati (sia in termini di incasso che di share tv) raccolti dagli ultimi playoff. “E poi questa è una formula flessibile, che si può adattare a qualsiasi decisione del consiglio federale”, assicura. Le contraddizioni restano. E infatti una prima stroncatura arriva proprio dal presidente Gravina: “Non parlerei di format, ma di rielaborazione interna. Ognuno è libero di avanzare proposte nei limiti della propria autonomia, ma questa non può essere la riforma definitiva, perché abbiamo bisogno di una riforma di sistema”. Anzi, il capo della Figc (che viene dalla Serie C, e conosce bene quel mondo…) si azzarda addirittura a pronosticare che il nuovo format potrebbe essere bocciato dalla stessa Lega Pro: “Ho motivo di ritenere che ci siano diversi fermenti”. Sarebbe una sfiducia clamorosa per Ghirelli. Su una cosa però Ghirelli – nel bene o nel male, l’unico presidente che è riuscito a varare una riforma dei campionati nell’ultimo decennio (nel 2012, quando fu abolita la Serie C2) – ha ragione: non basterà nemmeno tagliare solo sulla Serie C per risolvere i problemi di tutto il sistema. “Io l’ho già fatto una volta e si è visto che non è sufficiente: stavolta non ci stiamo a fare da vittime sacrificali”.

Twitter: @lVendemiale

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