Ad Amburgo è stato condannato con una multa un automobilista che ha esposto sul lunotto dell’auto il simbolo “Z”, dal russo “za pobedu” (alla vittoria), lo stesso comparso nel corso del conflitto ucraino sui carri armati di Mosca. L’accusa era di apologia di reato (Billigung von Straftaten, art, 140 StGB) e nei tribunali tedeschi sarebbero pendenti circa altri 140 procedimenti dello stesso tipo. In molti casi si potrà aggiungere il capo di accusa di incitazione all’odio popolare (Volksverhetzung, art 130 StGB, finora previsto espressamente solo per la negazione dell’Olocausto). Lo scorso 20 ottobre il Parlamento tedesco ha infatti approvato un inasprimento in materia. La norma è stata inserita in una procedura omnibus, insieme ad una modifica della disciplina relativa al casellario federale centrale, ed è passata senza dibattito parlamentare. Ronen Steinke, esperto di giudiziaria del quotidiano Süddeutsche Zeitung, ha parlato di “slealtà democratica”. Alla base della decisione del Parlamento tedesco una procedura di infrazione europea contro la Germania, dovuta al mancato aggravio delle pene contro forme ed espressioni razziste e xenofobe, voluta dai Paesi dell’est per frenare la banalizzazione dei crimini stalinisti dei tempi dell’Unione Sovietica.

All’articolo 130 del Codice penale tedesco è stato aggiunto ora un nuovo quinto paragrafo che punisce chiunque in pubblico giustifica, nega o minimizza gravemente genocidi, crimini contro l’umanità o di guerra, fomentando così odio e violenza e minando l’ordine pubblico. La pena va da una multa a tre anni di reclusione. Una norma che si affianca al preesistente reato di negazionismo e banalizzazione dell’Olocausto, punibile con la reclusione fino a cinque anni.

I giudici tedeschi hanno già emesso condanne contro torturatori in Siria e responsabili del genocidio degli Yazidi. Ora potranno perseguire anche il negazionismo relativo a crimini di guerra e genocidi. Dalla banalizzazione in pubblico dello sterminio degli Herero e dei Nama tra il 1904 ed il 1908 durante il colonialismo tedesco fino all’annientamento degli Armeni ad opera dei turchi nel 1915/1916. La nuova legge riguarda però anche esternazioni su crimini di guerra sui quali non esiste ancora una chiara valutazione storica, inclusi il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki nel 1945, o conflitti recenti come quello in Yemen. Il diritto europeo avrebbe invece consentito di limitare la procedibilità solo quando un tribunale avesse già definitivamente statuito l’esistenza di un crimine di guerra.

Con la nuova legge, anche l’apologia in pubblico o la minimizzazione dei massacri russi in Ucraina durante una manifestazione, potranno dunque essere oggetto di procedimento penale, ha spiegato Canan Bayram, relatrice dei Verdi, pur specificando che la norma non riguarda di per sé l’aggressione russa, punita dall’articolo 13 del Codice penale internazionale. L’ex ambasciatore ucraino Melnyk ha accolto positivamente la scelta del legislatore tedesco, riporta la Deutschlandfunk. Per Thorsten Lieb (Partito Liberale Democratico, FDP) la modifica non è comunque una “lex Putin”, e ha carattere di chiarificazione in risposta alla procedura di infrazione europea. Mentre Clara Bünger (Linke) ha dichiarato che il nuovo provvedimento potrebbe limitare eccessivamente la libertà di espressione. Critico anche il rappresentante della AfD Stephan Brandner che critica la vaghezza della norma.

Già prima del via libera alla nuova norma, la premessa per la punibilità consisteva nell’attacco ad un gruppo, o persone, sulla base di motivi nazionali, etnici o religiosi. Tutti i negazionismi quindi erano perseguibili, anche se non venivano menzionati specificamente a differenza della banalizzazione dell’Olocausto. Ora, però, il legislatore li indica esplicitamente ma, come ha evidenziato la capogruppo dei Linke Amira Mohamed Ali, di fatto spetterà ai procuratori valutare se si parla di un crimine di guerra che viene negato, aprendo il campo anche a valutazioni arbitrarie.

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