Un elenco di donne, chiamate rigorosamente solo per nome e mai per cognome, che “hanno costruito quella scala che oggi permette a me di rompere il tetto di cristallo“. Giorgia Meloni, dopo la scelta ideologica di farsi chiamare con l’articolo maschile e non femminile (subito assecondata da tutta la stampa), parlando davanti a Montecitorio ha deciso di omaggiare le donne protagoniste di importanti conquiste del passato. Ma ha volutamente scelto di usare solo i nomi e mai i cognomi, rendendo in certi casi anche difficile l’identificazione. Una scelta per niente casuale che non ha ripetuto, invece, quando ha ricordato “gli eroi” che hanno lottato contro la mafia come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre, Rocco Chinnici, (tutti uomini tranne Francesca Morvillo ed Emanuela Loi, in questo caso eccezionalmente ricordate anche col cognome).

“Ringrazio le donne”, è la frase usata da Meloni nel suo esordio in Aula, “che hanno osato, per impeto, per ragione o per amore. Come Cristina, elegante organizzatrice di salotti e barricate. O come Rosalie, testarda al punto da partire con i Mille che fecero l’Italia. Come Alfonsina che pedalò forte contro il vento del pregiudizio. Come Maria o Grazia che con il loro esempio spalancarono i cancelli dell’istruzione alle bambine di tutto il Paese”. E ancora “Tina, Nilde, Rita, Oriana, Ilaria, Mariagrazia, Fabiola, Marta, Elisabetta, Samantha, Chiara. Grazie! Grazie per aver dimostrato il valore delle donne italiane, come spero di riuscire a fare anche io”. L’uso dei nomi senza cognome è fortemente contestato, anche quando si tratta di cronache giornalistiche: annulla la personalità, sminuendo il percorso delle singole. Una scelta colloquiale che viene, nella maggior parte dei casi, riservata alle donne: senza il cognome si diventa una “qualunque” e non sempre chi ascolta riesce a fare il collegamento. Un tema su cui si discute sempre di più e sul quale si batte, da tempo, il profilo Instagram “Una Donna a Caso”: con pazienza e precisione fa una rassegna stampa periodica per evidenziare tutti i casi in cui “una donna a caso” ottiene una conquista e i giornali dimenticano di citarne il cognome.

Ma a chi si riferiva Giorgia Meloni e chi ha scelto di citare nel suo esordio a Montecitorio? La prima donna ricordata è Cristina Trivulzio di Belgioioso, nobile, giornalista e protagonista del Risorgimento. Poi Rosalie Montmasson, moglie di Francesco Crispi e unica donna a prendere parte alla spedizione dei Mille che fecero l’Italia. La terza in ordine di citazione è Alfonsina Strada, la prima donna ciclista a competere in gare maschili come il Giro di Lombardia e Giro d’Italia: una storia troppo spesso dimenticata e tornata alla memoria recentemente grazie al libro di Simona Baldelli (Alfonsina e la strada, dove si racconta anche di come rifiutò la medaglia da parte di Mussolini).

E a chi sta pensando Meloni quando parla di Maria o Grazia che lottarono per l’istruzione delle bambine? La prima è la pedagogista e educatrice Maria Montessori, il cui cognome è conosciuto a livello mondiale perché ha battezzato il suo stesso metodo educativo. Grazia è invece la premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda: la prima donna italiana ad aver vinto il Nobel e che nel discorso di Meloni sembra essere evocata come un’insegnante.

La presidente del Consiglio ha scelto di ricordare poi Tina Anselmi: partigiana, ministra della Salute per la Democrazia cristiana e la prima ad arrivare alla guida di un dicastero. Ma anche Nilde, ovvero Nilde Iotti: esponente del partito comunista, prima donna a essere eletta presidente della Camera e la prima a ricevere un mandato esplorativo per diventare presidente del Consiglio. Non andò a buon fine, ma fu la prima ad andare vicino al posto dove siede ora Giorgia Meloni. Rita invece, è Rita Levi Montalcini, neurologa, accademica e premio Nobel per la Medicina. E la prima donna a essere ammessa all’Accademia pontificia delle scienze. Poi Meloni ha omaggiato tre giornaliste: la celebre scrittrice Oriana Fallaci e due inviate morte mentre facevano il loro lavoro rispettivamente a Mogadiscio e in Afghanistan, Ilaria Alpi e Mariagrazia Cutuli.

Da qui l’elenco della presidente del Consiglio si è spostato sulla scienziata italiana che guida il Cern di Ginevra Fabiola Giannotti, ma anche sull’ex ministra della Giustizia e prima donna a capo della Consulta Marta Cartabia. Mentre Elisabetta, citata in chiusura, è addirittura Maria Elisabetta Alberti Casellati, neoministra per le Riforme, fedelissima di Silvio Berlusconi e prima donna eletta presidente del Senato. Chiamarla solo Elisabetta ha confuso tanti e l’associazione non è stata automatica. Stesso discorso per “Samantha”, ricordata quasi alla fine: il riferimento è all’astronauta Samantha Cristoforetti, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea, conosciuta da tutti a livello internazionale come Cristoforetti e non certo come Samantha. L’ultimo omaggio è stato per Chiara e anche qui l’associazione non era per niente immediata: Meloni, ha poi chiarito lo staff, intendeva parlare di Chiara Corbella Petrillo che ha rinunciato alla cure per il cancro, andando contro tutte le raccomandazioni mediche, per portare a termine la gravidanza. Nel 2018 la Diocesi di Roma ne ha proposto la beatificazione. Eccolo il pantheon evocato da Meloni in Parlamento che, senza il recupero frettoloso a posteriori dei cognomi, rischiava di restare senza volto.

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