Per la Russia, settembre è stato segnato da una serie di sconfitte al fronte, ma anche ottobre non si è aperto nel migliore dei modi. Il primo del mese, l’esercito russo ha abbandonato Lyman, un importante snodo ferroviario nella regione di Donetsk che si trovava lungo la linea di rifornimento delle truppe russe. Senza lasciare al nemico il tempo di riprendersi, l’esercito ucraino ha continuato i combattimenti e ora sta avanzando in tutte le direzioni contemporaneamente: nelle regioni di Kharkiv, Donetsk, Luhansk e Kherson. In quest’ultimo caso, a giudicare dalle mappe del ministero della Difesa russo, l’esercito di Mosca si è ritirato di 30 chilometri in un giorno.

L’intelligence britannica ha già definito la perdita di Lyman un grave fallimento politico per il presidente russo Vladimir Putin: la città si trova nella regione di Donetsk che la Russia avrebbe annesso il giorno prima della ritirata. Questa situazione ha causato un’altra ondata di critiche pubbliche al comando militare russo e minaccia di intensificarsi. Infatti, nonostante la propaganda di Stato continui a trovare spiegazioni per i fallimenti dell’esercito, le critiche alla leadership sia militare che politica del Paese si fanno sempre più forti.

Subito dopo la resa di Lyman, il capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov, ha pubblicamente accusato il comandante del distretto militare centrale, il colonnello generale Alexander Lapin, di incompetenza e codardia. Kadyrov è stato pubblicamente sostenuto dal creatore del Gruppo Wagner, l’oligarca Yevgeny Prigozhin. Anche se corrispondenti militari e soldati sono venuti immediatamente in difesa di Lapin, non è tanto questo che è importante, quanto il fatto che le critiche alla strategia militare russa siano state espresse per la prima volta “dall’alto”. “Né Kadyrov né Prigozhin vogliono essere associati alla sconfitta con cui, come credono, non c’entrano nulla. Stanno cercando di prendere le distanze da ciò che sta accadendo scaricando pubblicamente la colpa”, afferma l’analista e stratega politico Abbas Gallyamov che ha recentemente pubblicato un’analisi dettagliata su chi potrebbe essere il successore di Putin.

Mentre l’esercito ucraino rivendica i propri territori, nella società russa, come dopo la ritirata nella regione di Kharkiv, c’è una ricerca attiva di traditori. L’ex comandante dell’esercito e ora deputato della Duma, tenente generale Andrey Gurulev, si è unito alla critica delle strutture militari, affermando che il problema sono le “menzogne diffuse” e gli infiniti rapporti su come tutto vada bene: la conclusione è che il ministero della Difesa “non padroneggia la situazione”. Gurulev ha incolpato delle sconfitte il capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov e l’intero sistema, che “va dall’alto verso il basso”.

Corrispondenti militari e canali filorussi su Telegram accusano anche Shoigu, Gerasimov, Lapin e altri comandanti militari, ma per lo più criticano il sistema nel suo insieme. “È iniziato un colpo di Stato informativo contro la leadership del ministero della Difesa e il comando a terra”, scrive Rybar, uno dei canali militari pro-Russia più popolari su Telegram. “Tutti non sono soddisfatti di una cosa, dell’effetto cumulativo di tanti anni di rapporti ‘di successo’ da parte del comando locale. Ora questo ha provocato un altro fallimento al fronte”.

Un canale vicino al Cremlino riporta che “i comandanti non hanno accesso a Putin già da diversi mesi. Tutte le comunicazioni passano attraverso Gerasimov e c’è la sensazione che non trasmetta quasi nulla al presidente”. Gli fa eco un altro famoso corrispondente militare: “Fino a quando il presidente della Russia non inizierà ad ascoltare personalmente i rapporti dei comandanti, la situazione non cambierà. C’è il sospetto e persino la certezza che gli stiano mentendo“. Ma l’antico approccio russo, che si riduce all’assioma “lo zar è buono, i boiardi sono cattivi”, questa volta non ha soddisfatto tutti.

In risposta a un’ondata di critiche senza precedenti, i militari stanno spostando la responsabilità sull’amministrazione politica del Paese e quindi alla fine su Putin. Questo è tanto più facile da fare in uno Stato autoritario come quello russo, dove tutto dipende dalla volontà del vertice, ritiene Gallyamov. Ad esempio, ora alle autorità vengono ricordate le vecchie accuse di chiusura delle scuole militari in tutto il Paese, mentre il colonnello di riserva e politico Viktor Alksnis incolpa direttamente le decisioni di Putin come comandante in capo: “Questa è la radice delle nostre sconfitte di oggi”. “Per molto tempo ci sono stati tentativi di trasferire la colpa dallo zar ai boiardi – dice Gallyamov – Ma ora iniziano a criticare lo stesso Putin. E anche in quei circoli in cui era una figura sacra viene desacralizzato molto velocemente”.

Si tratta delle élite del Cremlino, il cui malcontento viene espresso sempre più spesso sotto forma di fughe di informazioni interne ai media indipendenti. “Dall’estate, i funzionari di alto livello fanno costantemente trapelare dal Cremlino informazioni imbarazzanti per le autorità”, spiega il politologo. Come esempio, cita i risultati di veri sondaggi dai territori ucraini occupati trapelati ad agosto, dai quali diventava chiaro che i residenti locali non erano pronti a votare per l’adesione alla Russia. “Importanti rappresentanti dell’élite politica ci parlano attraverso queste fughe di notizie”, crede Gallyamov.

“Dobbiamo ricordare che Putin è rispettato solo perché è forte. Non ha altre fonti di legittimità”, afferma il politologo. È un leader di tipo militare: dopo ogni sconfitta, la sua legittimità si indebolisce, quindi da un punto di vista militare ora agisce in modo irrazionale, insistendo sul fatto che l’esercito non si ritiri. Ma, come vediamo, si ritira lo stesso. “Alla gente non piacciono né le sconfitte in sé, né la reazione di Putin a esse. Il Cremlino sta perdendo terreno sotto i suoi piedi – sostiene Gallyamov – Sono tutti insoddisfatti. I sostenitori del regime sognavano qualcosa come la Crimea, non una guerra lunga e sanguinosa e certamente non una sconfitta. Mentre gli oppositori del regime sono in generale contrari a tutte le sue azioni, quindi le sconfitte dell’esercito li hanno ispirati: stanno diventando più attivi”. Così, martedì la squadra di Alexey Navalny ha annunciato che avrebbero rianimato la rete delle loro sedi dell’opposizione, distrutta dopo l’arresto del politico. I sostenitori del blogger dissidente hanno spiegato che la decisione è stata presa a causa dell’indebolimento delle posizioni del regime di Putin dopo sette mesi di guerra e mobilitazione.

Anche il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky allude alle tensioni nelle élite russe dopo le sconfitte militari: “Lì hanno già iniziato a mordersi, cercano i colpevoli, accusano alcuni generali dei fallimenti. Questa è la prima campana che devono sentire a tutti i livelli delle autorità russe”. Zelensky propone di “risolvere il problema con colui che ha iniziato questa guerra”, suggerendo che l’Ucraina è pronta al dialogo con la Russia, ma con un presidente diverso.

Allo stesso tempo, il capo dell’intelligence ucraina afferma che i preparativi per la rimozione di Putin dal potere sono già in corso. Forse questo è solo un tentativo di provocare conflitti interni e la ricerca di traditori al Cremlino. Ma non si può escludere che gli ucraini abbiano ricevuto delle informazioni interne. “Molte persone intorno a Putin stanno già pensando al proprio futuro, quindi perché non ottenere la lealtà dell’intelligence ucraina – suggerisce Gallyamov – Ovvio, hanno molta paura di Putin, ma ora sta perdendo e si sta ritirando. A un certo punto, inizieranno a temere l’intelligence ucraina più di Putin”.

Secondo il politologo, Putin è ben consapevole di poter essere rovesciato dalla sua cerchia ristretta. Non si tratta però di una cospirazione vera e propria: cercheranno semplicemente di convincere Putin che deve andarsene e presentare alla società russa un successore. Hanno ancora speranza di salvare il sistema sostituendo Putin con qualcun altro, crede Gallyamov. La vera cospirazione maturerà se si rifiuterà di partire e deciderà di candidarsi alle elezioni del 2024. È allora che l’intero sistema di potere crollerà. “Ma penso che Putin non sogni più di essere rieletto nel 2024 – conclude il politologo – Spera solo di durare fino alla fine del suo attuale mandato. Ma per farlo, deve smettere di perdere“.

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