di Margherita Zappatore

No, la Meloni non è il male assoluto. Per settimane quasi tutti i partiti hanno condotto la campagna elettorale focalizzando l’attenzione solo e soltanto sul pericolo delle destre al governo. Per settimane i partiti hanno fatto a gara a chi poteva incarnare al meglio il concetto del “voto utile” contro l’ascesa delle destre. Per settimane la politica ha parlato a sé stessa e in maniera autoreferenziale si è limitata a elencare tutti i percoli in cui incorre l’Italia con Meloni, Salvini e Berlusconi al governo, senza invece concentrare l’attenzione sui programmi e sulle proposte di ciascuna parte politica.

La risposta dei cittadini è stata eloquente: vince il centrodestra, stravince la Meloni, ormai a un passo da palazzo Chigi, l’astensione è la più alta dal 1948. Che piaccia o no, l’indicazione degli elettorali è stata chiara. Questo vuol dire che gli italiani sono nostalgici del fascismo, sono sovranisti ed estremisti, vogliono compromettere i diritti civili, isolare l’Italia a livello internazionale e introdurre la leva militare? No, io non credo.

Tutt’altro. Credo che chi abbia fatto campagna elettorale cavalcando la paura sia il maggiore responsabile della propria sconfitta perché è stato incapace di vincere con la forza dei programmi e dei risultati raggiunti in questi anni. Ma, soprattutto, è stato incapace di parlare ai cittadini, di arrivare a loro, di capire i problemi che viviamo tutti noi ogni giorno. Se non si riesce a vivere nella realtà, se non si comprendono i problemi quotidiani, non c’è comunicazione che tenga.

In questa tornata elettorale, i partiti hanno perso una sfida importante cioè parlare con trasparenza ai cittadini, sgombrare il campo da slogan elettorali e da incoerenze, diffondere conoscenza. La politica, alla fine, non è altro che una rivoluzione culturale, una rivoluzione di coscienze. Finché si tratteranno i cittadini come sacche di voti e non come persone da coinvolgere, rendere protagonisti dei processi politici, il divario tra loro e le istituzioni sarà sempre maggiore.

E mi auguro solo che da oggi non ci si nasconda dietro la solita retorica sterile sul “partito dell’astensione” che avrebbe potuto ribaltare il risultato. L’astensione è la conseguenza, non la causa.

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