“Sollevata? Di più, sono finalmente serena, anche se temo ulteriori ritorsioni”. Torna al lavoro la professoressa Susanna Esposito, direttrice della clinica pediatrica dell’Ospedale di Parma che l’azienda aveva sospeso per 180 giorni, con due provvedimenti in successione. Aveva scritto al presidente della Regione Bonaccini e all’assessore alla Salute una lettera in cui metteva nero su bianco le disfunzioni nella gestione sanitaria durante il periodo del Covid e non solo. Per questo veniva punita dalla direzione generale. Il giudice del lavoro del Tribunale di Parma, Elena Orlandi, ha accolto il ricorso della Esposito dichiarando illegittimo il provvedimento e sospendendone gli effetti. La professoressa sarebbe dovuta rientrare al lavoro il 25 ottobre, ma da oggi potrà riprendere il suo posto in reparto, senza dover scontare per intero il secondo periodo dei due comminati dalla direzione. E’ la seconda volta che succede.

Esposito è la dottoressa milanese di fama internazionale che con le sue segnalazioni fece esplodere la cosiddetta “sanitopoli umbra”, inchiesta che nel 2018 portò alla decapitazione della dirigenza perugina del Pd. Per aver “parlato” subì le ritorsioni della dirigenza ospedaliera che – a suon di disciplinari – intendeva “darle una bastonata di quelle forti, che si fa male”: le comminarono una sospensione dal servizio di quattro mesi, con accuse poi rivelatesi false. L’inchiesta fece il suo corso, la pediatra si trasferì in Emilia-Romagna ma incappando, a quanto pare, in dinamiche altrettanto illegittime. “Neppure allora, con le intercettazioni pubblicate su quotidiani e settimanali, ero riuscita a tornare al lavoro prima del termine della sospensione, benché i vertici dell’Ospedale fossero stati addirittura arrestati”, dice oggi sottolineando come alcune delle sue segnalazioni facciano il paio con un’indagine in corso sulla gestione ospedaliera durante il Covid che ipotizza reati di epidemia colposa, falso pubblico e peculato.

Nel merito, la sospensione è stata ritenuta illegittima sotto due profili. “Il primo – spiega l’avvocato Cesare Pozzoli – è che è stata “tardiva”, perché l’azienda ospedaliera che già aveva comminato ad aprile una prima sospensione, sapeva da mesi della lettera che la professoressa Esposito aveva inviato ai vertici della Regione a novembre del 2021, ma ha atteso strumentalmente otto mesi e fino l’ultimo giorno di sospensione per comminarne un’altra”. La seconda ragione è che il giudice ha ritenuto che quella lettera di denuncia non rappresenta una “gravissima inadempienza ai doveri d’ufficio” come richiesto dalla normativa ma faccia parte dell’attività di espressione di un lavoratore e dunque ha ritenuto sproporzionato il provvedimento.

Il giudice ha ritenuto anche che la sospensione illegittima ha leso la professionalità e l’immagine della professoressa che vanta un curriculum scientifico di livello internazionale. Le due pronunce dello stesso giudice hanno tono e peso diverso perché la prima volta era intervenuto a circa 10 giorni dalla fine della “punizione”, dunque non ravvisando in questo un pregiudizio irreparabile, visto che la “pena” era stata quasi completamente scontata. Nella seconda pronuncia, il Giudice è giunta a conclusioni diverse in quanto “la sospensione del rapporto di servizio [è stata] prolungata tramite l’adozione di un ulteriore provvedimento di sospensione che è tale da determinare l’allontanamento della ricorrente dall’attività ospedaliera per ben metà anno”. La sentenza, probabilmente, avrà un peso nella causa per mobbing avviata dalla Esposito presso la Procura di Parma ma anche su altri due procedimenti avviati contro di lei dall’Università di Parma, sulla base delle indicazioni ricevute dall’azienda ospedaliera.

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