L’avvicinarsi della data fatidica del 25 settembre 2022 costituisce un difficile busillis per una fetta non piccola dell’elettorato italiano, autenticamente e solidamente di sinistra, non schierata a fianco di nessun partito, causa le ripetute innumerevoli delusioni. In questi giorni capita di sentirsi chiamare da amiche e amici che ti chiedono “Ma tu che fai? Chi voti?”, perfino per strada o al supermercato, scafati compagni di lotta ti si rivolgono sconsolati “non so chi votare, tu hai deciso?” Si cerca conforto, ci si aggrappa alla possibile determinazione maggiore degli altri, perché veramente questa volta è difficile scegliere, tra il male minore, il voto ideologico e senza speranza, il naso turato, la scheda bianca, l’annullamento con parolaccia, o proprio definitivamente l’astensione (per me sempre da evitare però).

Tutto questo, lo sappiamo, accade perché una legge elettorale che più schifosa è difficile immaginarla: solo le menti congiuntamente disturbate di Matteo Renzi ed Ettore Rosato potevano costringere a valutare il voto rispetto allo squilibrio, ormai insormontabile, tra coalizione di destra, disastrata ma unita che raccoglierà una maggioranza forse schiacciante tra proporzionale e maggioritario, e un frammentato arcipelago di liste che contempla proposte le più variegate e incapaci di essere competitive sul piano elettorale. Sappiamo di chi è la colpa maggiore e non stiamo a ripeterlo perché si tratterebbe di infierire su un corpo politico ormai morto.

Alla fine mi sentirei di proporre questa modalità: di fronte alla pratica impossibilità di riconoscersi pienamente e soddisfacentemente in nessuna delle proposte in campo, perché altrimenti non ci sarebbe questa atroce e diffusa sofferenza, occorre comunque cercare almeno di stilare una scala di possibilità.

1) Italia Sovrana: per rosso-bruni e sovranisti, amanti del neorealismo, non escludendo putiniani moderati;

2) Unione popolare: per un elettorato di sinistra-sinistra, democratico e radicale, mai domo, che non guarda al quorum come un feticcio ma sotto sotto ci spera;

3) Sinistra Italiana-Verdi: elettorato di sinistra autentico ma responsabile, ambientalista ma con rispetto delle istituzioni e delle imprese, pacifista ma realista, parlamentarista tattico;

4) Articolo uno: a sinistra sì ma mai senza il piddì;

5) Movimento 5 Stelle: elettorato progressista in progress, di sinistra ma anche no, della serie ritentar non nuoce e se son rose fioriranno;

6) Partito Democratico: per l’elettorato fedele nei secoli, immune a ogni tipo di svolta e contro svolta, elettorato di sinistra e di centro, laico e cattolico, smodatamene moderato, civico, europeo e occidentale.

Dopo il Partito democratico si esce dall’area variegata tra sinistra e progressismo e si entra in una “no vote zone” dove albergano neoformazioni con potenziale infettivo molto elevato ed è quindi preferibile nemmeno nominarle. Personalmente questa volta, ed è la prima in assoluto, dividerò il mio voto tra Unione Popolare al Senato e Cinque Stelle alla Camera, precisando che non appartengo a nessuna delle due compagini, ma credo che occorra dare un forte segnale di cambiamento, anche se forse non sortirà effetti concreti sul piano del risultato complessivo a causa della succitata legge elettorale. Augurando a noi tutte e tutti che dal 26 settembre riparta una nuova stagione a sinistra che permetta la ricostruzione, questa volta su basi serie e solide, di quel soggetto che manca da troppo tempo nel nostro sfortunato Paese.

Ps. tra gli innumerevoli errori d’impostazione e conduzione della campagna elettorale, di cui si è reso protagonista il segretario del Partito Democratico, non va sottaciuto che l’aver perpetrato il tentativo di legittimazione reciproca di leadership maggioritaria con Giorgia Meloni, oltre ad essere una presunzione del tutto gratuita, ha di fatto fornito un ulteriore riconoscimento a un personaggio esponente da sempre degli ambienti post e neofascisti – che non ha mai rinnegato – nemici dei valori democratico-costituzionali e fonte di perdurante preoccupazione. Un autogol in piena regola.

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