Su di loro la Lega era stata dura e inflessibile. “Io ho dato indicazione che chiunque abbia preso o fatto richiesta del bonus venga sospeso e in caso di elezioni non ricandidato“, diceva diretto e irremovibile il segretario del Carroccio, Matteo Salvini commentando, il 12 agosto 2020 ad Agorà Estate, la notizia dei parlamentari e dei consiglieri regionali che avevano richiesto e ottenuto il bonus Covid per le partite Iva, destinato ai liberi professionisti penalizzati dalla pandemia. Qualche giorno prima il leader della Lega aveva addirittura parlato di dimissioni.

Dichiarazioni che non sono rimaste solo parole al vento. La Lega, infatti, è passata immediatamente ai fatti sospendendo i 3 parlamentari nazionali coinvolti: prima il mantovano Andrea Dara e la piacentina Elena Murelli (entrambi deputati che avevano percepito il bonus dell’Inps di 600 euro) e poi anche la senatrice Marzia Casolati (gioielleria con 100mila euro di reddito) che aveva percepito il bonus di 1.500 euro previsto dalla Regione Piemonte per le attività imprenditoriali costrette alla chiusura a causa del lockdown. “Pur non avendo violato alcuna legge – commentava il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari – è inopportuno che parlamentari abbiano aderito a tale misura e per questa ragione abbiamo deciso e condiviso con i diretti interessati il provvedimento della sospensione”. Ma il virus dei “furbetti del bonus” si era intrufolato anche nel Movimento 5 stelle: il deputato Marco Rizzone aveva percepito, anche lui, il bonus di 600 euro. Nel suo caso da parte del movimento è arrivato il deferimento ai probiviri, l’immediata sospensione e, un mese dopo, l’espulsione.

Ma che fine hanno fatto oggi? Salvini avrà mantenuto la sua posizione rigida? Assolutamente no. I “falsi” sospesi sono stati infatti ricandidati e pure in collegi blindati. Andrea Dara corre all’uninominale per la Camera in Lombardia. Elena Murelli, “promossa” al Senato, è candidata all’uninominale in Emilia Romagna e seconda in lista al plurinominale. Addirittura tripla candidatura al Senato per Marzia Casolati: uninominale in Piemonte, capolista e in seconda posizione in altri due collegi piemontesi del plurinominale. Sono passati due anni per dimenticare quello che Matteo Salvini definiva, semplicemente, come “una vergogna”.

E il deputato Marco Rizzone che fine ha fatto? Espulso dal M5s non poteva certo ottenere la candidatura dal Movimento. Tra l’altro la sua vicenda aveva causato una pioggia di interventi polemici. Come quello di un altro ligure: “Rizzone, protagonista dell’alleanza giallo rossa in Liguria, è stato cacciato dal movimento per aver preso vergognosamente il bonus covid da 600 euro: molto bene. Gli elettori manderanno a casa il resto della ciurma!”, attaccava, senza giri di parole, il presidente della Regione Giovanni Toti. Rizzone, comunque, alle Politiche sarà candidato. Ma chi gli ha riservato un posto? Proprio la lista di Giovanni Toti. Rizzone, infatti, il 27 maggio del 2021 – a meno di un anno dal caso furbetti – ha aderito a Coraggio Italia, il partito fondato da Brugnaro con Toti (che ne è stato vicepresidente vicario fino al 23 giugno 2022, quando ha rotto la federazione), divenendo anche il vicepresidente del gruppo alla Camera e membro della direzione nazionale del partito. Oggi è candidato nel plurinominale per la Camera in Puglia come capolista di Noi moderati, la lista che mette insieme i piccoli partiti del centrodestra, compreso Italia al Centro del presidente ligure. E pensare che nel maggio del 2020 Rizzone dava della “capra ignorante” a Toti e il presidente della Regione Liguria replicava definendo il deputato un soggetto che “nessuno conosce” a causa della “sua scarsa azione e poca incisività romana a favore della Liguria”, che si esprime “come un bambino di terza elementare” e dotato di “bassa caratura politica“.

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