Era il 7 aprile quando con il rinvio a giudizio di tutto gli imputati per il crollo del Ponte Morandi di Genova, fu ratificato il patteggiamento di Autostrade per l’Italia e Spea a fronte di un pagamento di 30 milioni di euro. I legali delle due società quindi hanno chiesto, nella prima udienza vera e propria del processo dopo quattro anni dalla tragedia che provocò 43 morti, di essere escluse come responsabili civili cioè essere escluse dai risarcimenti in caso di condanna. I pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno hanno espresso parere favorevole i legali delle parti civili si sono opposti. Sarà il collegio a decidere se escludere Aspi e Spea. In questo caso a pagare, in caso di condanna, saranno solo gli imputati.

Con il patteggiamento Aspi e Spea hanno evitato le sanzioni interdittive che avrebbero rischiato col processo pagando sanzioni pecuniarie pari rispettivamente a un milione di euro e a 800mila euro, mentre la concessionaria aveva messo a disposizione per il sequestro preventivo la somma di 26.857.433 euro, “importo corrispondente al complessivo valore del progetto di retrofitting (rafforzamento, ndr) degli stralli delle pile 9 (quella crollata, ndr) e 10” approvato dal ministero delle Infrastrutture a giugno 2018 e mai realizzato, che secondo l’ipotesi accusatoria (e la maxi-perizia disposta dal gip in sede di incidente probatorio) avrebbe evitato il verificarsi del disastro. Autostrade ha anche risarcito in via extragiudiziale quasi tutti i familiari delle vittime del disastro: solo due famiglie (Possetti e Battiloro) avevano rifiutato l’accordo conservando il diritto a costituirsi parte civile nel giudizio. A processo ci sono 59 persone tra ex dirigenti e tecnici di Autostrade e Spea, ex ed attuali dirigenti del ministero delle Infrastrutture e del Provveditorato delle opere pubbliche della Liguria. Secondo l’accusa tutti sapevano delle condizioni del ponte, ma non sarebbero state fatte le manutenzioni per risparmiare.

Intanto è evidente la preoccupazione della procura per il dibattimento che inizierà. “Un processo con 1.228 testimoni che porterebbe a un potenziale di 155mila tra esami e controesami è un processo che non si può fare e non avrà mai fine” ha detto il pubblico ministero Massimo Terrile nel corso dell’udienza illustrando i motivi per cui, a suo avviso, molte delle oltre 600 parti civili dovrebbero essere escluse dal processo penale. “La lista testi della procura conta 177 persone, quelle dei 59 imputati oltre 300 e quelle delle parti civili oltre 600. Con questi numeri il processo non avrà fine diversa da quella dell’estinzione dei reati – ha detto Terrile -. L’obiettivo – ha concluso – è quello di snellire il processo per arrivare a una eventuale condanna o assoluzione e non quello di liquidare i danni alle parte danneggiate, anche perché in un evento come questo i potenziali danneggiati potrebbero essere infiniti“.

“L’eventuale esclusione di Aspi e Spea come responsabili civili dal processo ovviamente non ci fa piacere però capiamo le motivazioni tecniche processuali avanzate. Si tratta di un’altra stortura ma quello che ci preoccupa davvero è il possibile numero abnorme delle parti nel processo che allungherebbe in maniera inaccettabile i tempi” dice Egle Possetti, portavoce del Comitato parenti vittime del Morandi, fuori dall’aula. In udienza preliminare il giudice aveva escluso dalle parti civili il Comitato che però ha chiesto di nuovo a inizio processo la costituzione. Secondo il giudice il comitato non era stato costituito prima del crollo. “Noi ci auguriamo che la nostra richiesta venga accolta mentre riteniamo giusto – ha concluso Possetti – che vengano esclusi altri che potranno comunque avere ristoro dei danni in sede civile”.

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