Anche l’import dei prodotti alimentari risente dell’aumento dei costi energetici che “ha un effetto valanga sulla spesa per importare cibi e bevande dall’estero”. A spiegarlo è Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio esterno per i primi cinque mesi del 2022. In particolare, il caro energia sta provocando incrementi di prezzi che in percentuale aumentano del 31%, nonostante l’aumento degli acquisti di cibo si fermi a un +8%. Tutto ciò avviene perché “l’aumento della dipendenza alimentare dall’estero spinge i rincari dei prodotti agroalimentari al consumo”. Significa che se aumenta il costo dell’energia, aumenta anche il costo del trasporto delle merci e l’incremento generale dei prezzi si scarica sul costo finale dei prodotti.

L’impennata dei prezzi ha già conseguenze significative: secondo un’indagine di Coldiretti, il 18% degli italiani ha abbassato la qualità della spesa e il 51%, anche a causa dell’inflazione, ha ridotto la quantità di prodotti acquistati. Il problema però non riguarda solo i consumatori finali, cioè chi fa la spesa al supermercato: “Se i prezzi per le famiglie corrono, l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne”, spiega Coldiretti. Secondo il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), il 13% delle aziende agricole ha dovuto chiudere definitivamente, mentre il 34% sta lavorando in perdita a causa dei rincari dei costi. Ad esempio, il prezzo dei concimi è aumentato del 170%, quello dei mangimi del 90%.

L’Italia importa buona parte dei prodotti alimentari che consuma “a causa dei bassi compensi riconosciuti agli imprenditori agricoli perché si è preferito fare acquisti speculativi approfittando dei bassi prezzi nei mercati internazionali”, argomenta Coldiretti. L’associazione sottolinea anche come con l’aumento dell’import dall’estero potrebbero esserci abbassamenti degli standard di qualità e di sicurezza alimentare. La soluzione per il presidente della Coldiretti Ettore Prandini è “invertire la tendenza e lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione”.

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