Una delle mode più sfiziose di questa campagna elettorale è quella di invocare misure che in realtà sono già in vigore. È partito Guido Crosetto, fondatore di Fratelli d’Italia (secondo qualche commentatore papabile futuro ministro), auspicando che il nostro paese seguisse l’esempio della Germania nella riduzione dell’Iva sul gas. Non fosse che Berlino ha deciso di abbassare l’imposta al 7% mentre in Italia è stata ridotta al 5% mesi fa e così resterà almeno fino al prossimo dicembre. Come ha fatto notare il deputato di Italia Viva Luigi Marattin, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi invece ha proposto: “Per rilanciare il mercato immobiliare e consentire a tutti di comprare una casa, introdurremo una tassazione unica per l’acquisto della prima casa al solo 2%“. Non chiarissimo cosa intenda Berlusconi ma, come si legge facilmente sul sito dell’Agenzia delle Entrate “Chi acquista da un privato (o da un’azienda che vende in esenzione Iva) deve versare un’imposta di registro del 2%, anziché del 9%, sul valore catastale dell’immobile, mentre le imposte ipotecaria e catastale si versano ognuna nella misura fissa di 50 euro”.

Stamane Giorgia Meloni ha invocato un tetto agli stipendi dei manager di aziende salvate con denaro pubblico. “E’ giusto che lo Stato tuteli il sistema produttivo e anche quello del credito. Entrambi sono sistemi indispensabili per la vita della nazione. Però quando lo Stato interviene a salvare o ad aiutare imprese con i soldi degli italiani, è il caso almeno di stabilire quali debbano essere le regole d’ingaggio”, spiegando che nei casi in cui le aziende usufruiscano degli aiuti da parte dello Stato debba essere fissato un limite agli stipendi dei manager e debbano essere anche resi trasparenti i finanziamenti. Quanto meno per quanto riguarda le banche questa norma esiste già. È contemplata nell’articolo 4 del decreto Salva risparmio del 2016, in vigore dal 2017.

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