I contagi e i ricoveri sono in calo, ma il numero di morti – come accaduto anche nelle ondate precedenti – sembra non voler calare. Come gli scienziati hanno più volte evidenziato quella curva scenderà molto più lentamente e i decessi riguardano in maggioranza persone anziane e con più patologie e fragili. Ma comunque i 147 morti ieri (in aumento rispetto al numero di giovedì) hanno impressionato Roberto Burioni che in un tweet scrive: “Ieri altri 147 morti per Covid. Amici farmacisti mi raccontano di abbondanti prescrizioni di azitromicina (un antibiotico inutile per la cura di Covid e dannoso in generale) e rarissime prescrizioni di Paxlovid*. Si può sapere dalle autorità come stanno davvero le cose?”.

Il professore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano è tornato sul tema dell’utilizzo non corretto di farmaci che non funzionano contro Covid. La riflessione, che è stata anche un tema da editoriale ieri sul New England Journal of Medicine, è che ormai è noto che alcuni composti, usati in via emergenziale, non sono efficaci. Paxlovid, è l’antivirale della Pfizer, che è stato approvato dalle autorità regolatorie e viene prescritto solo a chi è a rischio di malattia grave. Il report dell’Aifa, pubblicato a inizio luglio e relativo a giugno, segnalava che erano in aumento le prescrizioni di antivirali e monoclonali anche se riguardavano solo poco meno di 63mila pazienti. Secondo i dati degli studi, se utilizzato entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi riesce a prevenire del 80% il rischio di ospedalizzazione. L’Italia ha opzionato 600mila trattamenti per l’anno in corso.

“Preciso: sono conscio che quanto mi si dice rientra nell’aneddotica e non vale niente – scrive su Twitter – Proprio per questo vorrei conoscere i dati ufficiali sulle prescrizioni di azitromicina rispetto al 2019 e di Paxlovid rispetto ad altri Paesi. Ricordo che Paxlovid è indicato, tra l’altro, in tutti i pazienti Covid oltre i 65 anni”. Il professore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano posta anche il messaggio di un farmacista in Puglia che spiega di aver ricevuto solo due prescrizioni per la pillola antivirale da quando è disponibile. Diversi i commenti al tweet di Burioni, anche di chi si stupisce del fatto che a tutti i propri conoscenti risultati positivi negli ultimi mesi, sia stato detto dai medici che non avevano bisogno o diritto al Paxlovid. “Ricordo anche – aggiunge Burioni – che il Paxlovid non deve essere prescritto in base alla gravità dei sintomi, ma – una volta accertato il contagio – in base al profilo di rischio del paziente. La gestione del farmaco è così complessa che in Usa viene prescritto da farmacisti e infermieri”.

“I medici di famiglia non hanno alcun problema a prescrivere gli antivirali contro il Covid. Ma oggi i criteri, decisi dall’Aifa per somministrare la terapia, sono restrittivi, riguardano una piccola fascia delle persone che si infettano e un arco temporale limitato dell’infezione. Chi attribuisce la ‘responsabilità’ dello scarso utilizzo ad una nostra ‘timidezza’ prescrittiva fa un’affermazione antiscientifica che si basa su dati infondati e stupisce se a farla è uno scienziato – dice all’Adnkronos Salute Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale – Se si continua a ragionare sul numero di confezioni utilizzate rispetto al numero di contagiati si dà un dato falsato perché non tutti i contagiati possono avere accesso all’antivirale. Anzi: la percentuale dei candidabili è minimale e lo sarà finché saranno valide le limitazioni previste dall’Aifa”, spiega Scotti, che mette in evidenza le opportunità di un eventuale allargamento. “Per esempio potrebbe essere utile poter trattare i pazienti per categorie a rischio sociale, come i sanitari. O casi che riteniamo necessari: un giovane che vive in casa con un paziente oncologico. Oggi non lo possiamo fare. Se nelle commissioni dell’Aifa ci fosse un medico di famiglia potrebbe essere utile a far rilevare queste necessità”, dice Scotti raccontando la sua esperienza. “Su 7 pazienti candidabili all’antivirale rispetto ai miei mille pazienti – racconta – solo a 4 sono riuscito a dare il farmaco perché altri 3 prendevano farmaci non compatibili. Ricordo che noi abbiamo una responsabilità medico-legale anche sulla mancata prescrizione, la categoria quindi non ha nessun vantaggio a non prescrivere, ma dobbiamo attenerci alla normativa”, conclude Scotti secondo il quale “bisognerebbe discutere tutti insieme, con l’Aifa, per veder se è possibile individuare, in maniera più corretta – sul piano medico legale, clinico e sociale- l’utilizzo maggiore di questo farmaco”.

Lo studio su Nejm

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