di Federico La Mattina

I dibattiti politici delle ultime settimane (spesso imbarazzanti) hanno riguardato soprattutto spartizioni di poltrone, leadership politiche e in misura minore questioni di politica interna. Grande assente nei dibattiti è la politica estera, relegata ad attestati di fedeltà atlantica sfoggiati da quasi tutti i leader politici. La struttura internazionale e il ruolo del nostro paese nel mondo scongiurano strutturalmente rivolgimenti geopolitici di ampio spettro (sicuramente nel medio termine), ma sarebbe opportuno discutere di politica estera per fare chiarezza nei confronti del proprio elettorato quantomeno su questioni di estrema rilevanza: qual è l’opinione delle principali forze politiche in merito all’invio di armamenti all’Ucraina e fino a quale punto sono intenzionate a spingersi? Quale ordine di sicurezza europeo si vuole costruire dopo un’eventuale pace/tregua tra Russia e Ucraina e che ruolo diplomatico può/vuole svolgere l’Italia?

La politica interna e la politica estera si influenzano reciprocamente e quest’ultima è a sua volta influenzata dal sistema internazionale che pone vincoli e costrizioni in base alla caratura dei singoli Stati (che sono tutti uguali solo nominalmente) ma lascia anche margini di manovra che gli statisti, o gli aspiranti tali, devono essere in grado di cogliere e sfruttare. In Europa si combatte una guerra sanguinosa coinvolgente due grandi potenze nucleari e il cosiddetto Occidente è tutt’altro che compatto: la posizione della Francia, giusto per fare un esempio, non è certamente paragonabile a quella della Polonia o dei paesi baltici. Quale ruolo vuole svolgere l’Italia? Negli Stati Uniti la recenti dichiarazioni di Henry Kissinger al forum di Davos hanno suscitato dibattito. Il vecchio decano della politica estera americana, ancorato a una visione politica metternichiana legata all’equilibrio di potenza, ha rilanciato temi chiave del realismo politico al fine di preservare la pace mondiale.

In Italia, nonostante gli isterismi neomaccartisti degli scorsi mesi, sono emerse diverse voci dissonanti e il professore Orsini ha il merito di avere divulgato il pensiero del teorico di relazioni internazionali John Mearsheimer di scuola realista strutturalista; condivisibile o meno, la prospettiva di Orsini merita certamente di essere ascoltata con rispetto. Bisognerebbe discutere di questi temi senza ostracismi, censure o isterismi, dando spazio a prospettive differenti.

Certamente non ci si aspetta che le forze politiche entrino nel dettaglio di complesse questioni geopolitiche, ma quantomeno si diano agli elettori gli strumenti basilari per giudicare sui temi prioritari riguardanti la sicurezza del nostro paese, in un momento storico in cui gli equilibri basati sulla deterrenza nucleare sembrano vacillare e lo spettro della guerra grava sulle nostre teste (finanche nucleare, per quanto resti un’ipotesi remota).

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