Alle ultime elezioni politiche ho votato i “5Stelle”. All’indomani della loro vittoria ero già deluso; mi avevano tradito andando con la Lega di Matteo Salvini.
Avevo avuto rassicurazioni da Luigi Di Maio (incontrato casualmente in treno, seduto di fronte a me) e Danilo Toninelli (mio conterraneo) che non avrebbero mai e poi mai sposato il milanese imbruttito. Non ho fatto in tempo a fare la luna di miele con loro che già mi ero ritrovato da solo.

In questi anni ho ammirato il lavoro di molti dei “grillini” che senza finire nei salotti televisivi che tanto piacciono all’uomo di Pomigliano, hanno cercato di darsi da fare nel silenzio per cambiare questo Paese. Lo scisma d’Oriente e d’Occidente, avvenuto nei giorni scorsi, ha fatto pensare a tutti la solita frase che sembra molto banale e populista ma ha la sua verità: “Sono uguali a tutti gli altri”. A questo punto un’altra volta mi sento orfano.

Di fronte all’ipotesi di avere un governo di destra con seduti sugli scranni più alti Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Ignazio La Russa, Roberto Calderoli, Giulio Tremonti e altri della banda nero-verde, tremo. Le conseguenze di un governo di questo genere sarebbero nefaste non solo per i clandestini (tanto citati da Salvini) ma anche per ogni minoranza di questo Paese (intellettuali; preti di strada; insegnanti che provano a fare il loro mestiere educando e non indottrinando; rom; omosessuali; clochard; terzo settore etc).

A questo punto nei giorni scorsi ho pensato: mi turerò il naso e voterò il democristiano Enrico Letta nella speranza che nei collegi possano esserci persone credibili. Avrei dovuto ingoiare l’elezione dei soliti Franceschini di turno che ormai sono come le statue che costellano i corridoi dei Palazzi ma pace all’anima. Pur di non vedere il ritorno di Salvini l’avrei fatto. Poi, quando ho visto che il Noè del Pd per salvarsi dal diluvio universale ha imbarcato sull’arca di tutto e di più, non ce l’ho più fatta. Letta sta costruendo una barca ancora più grande di quella di Noè per farci stare da Fratoianni a Speranza a Bonelli a Calenda con Gelmini e Carfagna ma c’è spazio naturalmente anche per Di Maio e la sua ciurma e poi perché lasciare in mezzo al mare Matteo Renzi?

Stavolta il diluvio durerà un po’ di più di quaranta giorni e non sono certo che per l’arca di Letta vi sia un Monte Ararat. Il Noè del Pd anziché salvare il Paese dal diluvio sembra che abbia ricevuto l’ordine di portarci a naufragare.

Come può, infatti, pensare che gli uomini e le donne di Fratoianni saranno felici di stare in una coalizione con all’interno gente che la pensa totalmente diversa da loro? Come può pensare che una parte del Pd sarà pronta a sacrificarsi per l’ennesima volta con il fine di trovarsi un governo non di destra ma di centro-destra-sinistra e chi più ne ha più ne metta? Come può pensare che i tanti come me delusi dai “5Stelle” oltre a turarsi il naso dovranno “prenderlo anche in quel posto” (scusate la volgarità ma è l’unica espressione che rende bene l’idea) per votare un’alleanza con dentro la Gelmini di cui ancora oggi nella scuola si pagano le conseguenze?

Spero di sbagliarmi e mi auguro che questa prima di costruire l’arca, Noè abbia almeno commissionato qualche sondaggio per capire dove batte il cuore degli elettori. E intanto che Letta costruirà la grande arca, gli altri saranno nei mercati, nelle piazze, tra la gente. Non sarebbe stato meglio se Letta avesse scelto di fare un’alleanza con uomini e donne credibili? Se avesse messo nei collegi persone “nuove” (non i soliti Franceschini) per presentare un partito davvero rinnovato? Non sarebbe stato meglio iniziare la campagna elettorale andando per una settimana a vivere (senza comunicarlo a nessuno almeno inizialmente) a Scampia o allo Zen o al Corviale anziché restare nel chiuso delle stanze del Nazareno lontano dagli odori dei mercati, dal sudore delle metropolitane, dai pianti della gente, dagli sguardi dei tossicodipendenti e dei clochard?

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