Non ci bastano più gli applausi dei politici, vogliamo una rivoluzione totale”. Lo gridano le attiviste e gli attivisti di Fridays For Future che da tutto il mondo sono arrivati a Torino negli scorsi giorni per il Climate Social Camp e per il raduno europeo dei giovani ambientalisti. Dopo quattro giorni di dibattiti e azioni, questa mattina sono scesi per le vie del centro del capoluogo piemontese. A più di tre anni di distanza dal primo sciopero per il clima, il movimento lanciato da Greta Thunberg, che si è collegata con il raduno soltanto in video, sembra aver fatto passi in avanti. “Usciamo da questo raduno con la consapevolezza che serve più radicalità – spiega uno dei portavoce italiani di FFF, Marco Modugno – che non significa essere violenti ma essere multidimensionali unendo le forze e le territorialità in Italia, in Europa e nel mondo”.

Per questo qui a Torino tra le tende del campeggio sono arrivati anche i lavoratori della Gkn che lottano contro la delocalizzazione o i lavoratori del porto di Genova che si rifiutano di caricare sulle navi le armi destinate alle guerre. Ma non solo. A Torino sono arrivati attivisti da tutto il mondo. Tra di loro c’era anche Patience Nabukalu, 22enne ugandese che nel suo Paese lotta contro la costruzione di un oleodotto: “Oggi dormite sonni tranquilli ma non accadrà ancora a lungo. Presto vivrete anche voi le ondate di calore e le alluvioni che viviamo quotidianamente in Africa – avverte l’attivista che allo stesso fa una promessa – noi che viviamo nell’altra parte del mondo stiamo lottando anche per voi, per il nostro e per il vostro futuro”.

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Le elezioni viste dai ragazzi del Climate camp: “Il nostro voto? Va conquistato. Studieremo i programmi, non basta più fingere di ascoltarci”

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