La storia di Diana, 18 mesi, morta “di stenti” nella sua culletta, ha colpito moltissime persone. E non ci sono solo sui social i commenti durissimi nei confronti di Alessia Pifferi, la madre che l’ha abbandonata per passare una settimana con il compagno e ora in carcere. Chiedono ‘giustizia’ per la vittima e una condanna severa per la 37enne, che è accusata di omicidio volontario nell’ipotesi omissiva, i molti messaggi via email che da giovedì scorso stanno arrivando in Procura a Milano da tutta Italia. Una madre di un bimbo di 13 mesi ha scritto raccontando di essere fortemente “scossa”, di non “dormire la notte” e chiedendo l’applicazione di una “pena severa”, di un “ergastolo senza sconti”.

La morte della piccola ha colpito anche alcuni degli abitanti dello stabile di via Parea dove Diana è stata trovata senza vita: hanno tentato di linciare la madre mentre la polizia la stava portando in carcere; alcuni vicini, oltre ad averla insultata, si sono messi di traverso con la loro macchina per cercare di bloccare l’auto della polizia. Il pm Francesco De Tommasi, che coordina le indagini condotte dalla Squadra Mobile, ha dato incarico alla polizia scientifica della Questura di analizzare, con la formula dell’accertamento irripetibile, sia il contenuto del flaconcino di ‘EN’ ritrovato nell’appartamento per verificare che si tratti davvero di benzodiazepine, sia il latte rimasto nel biberon ritrovato nella lettino a fianco di Diana per appurare se vi siano tracce del potente tranquillante. Inoltre agli investigatori toccherà individuare se vi sia o meno il Dna della bimba sul beccuccio del flacone del medicinale. Inoltre prosegue l’esame del contenuto del telefonino di Alessia Pifferi per ricostruire le sue relazioni sentimentali ed eventualmente individuare il padre biologico di Diana.

In base all’inchiesta, in cui la zia e la nonna della piccina sono parti offese, Alessia Pifferi avrebbe avuto una precisa volontà di liberarsi della figlioletta. E questo è provato dal fatto che l’ha abbandonata più volte, venendo meno ai suoi doveri e ben sapendo che avrebbe potuto morire. Per la Procura avrebbe messo in atto una “progressione criminosa” lasciandola da sola prima per poche ore, poi per qualche week end e poi per sei giorni riuscendo, così, alla fine nell’intento di ucciderla.

Dai primi esiti dell’autopsia non è emersa alcuna causa evidente della morte e, dunque, i medici, a quanto si è saputo, si sono riservati di fornire risposte più precise solo quando avranno a disposizione parametri certi dagli ulteriori accertamenti. Ossia, ci vorranno alcun settimane per una prima relazione degli esperti. Sarà comunque difficile, da quanto si è appreso, individuare una causa precisa della morte avvenuta, già stando ai primi accertamenti, per stenti. Decisivi saranno, però, anche gli esti delle analisi della Polizia scientifica sul latte del biberon. Intanto il quadro probatorio per la Procura è talmente solido che si arriverà probabilmente nei prossimi mesi ad una richiesta di processo con rito immediato per omicidio volontario pluriaggravato a carico della donna.. Dalle analisi autoptiche ulteriori si potrebbe sapere quando la bimba è morta nell’arco di quei 6 giorni in cui è stata lasciata sola. Pare che il decesso sia avvenuto prima delle 24 ore antecedenti al ritrovamento del corpo.

Se venisse accertato che la madre ha fatto assumere benzodiazepine alla piccola, per stordirla e fare in modo che non piangesse, l’accusa di omicidio volontario si potrebbe addirittura aggravare riconoscendo il ‘dolo pieno’ e la premeditazione, che al momento è stata esclusa dal giudice per le indagini prelimimari. Ad ogni modo il procedimento, che potrebbe passare anche per consulenze psichiatriche della difesa o per un’istanza di perizia sulla capacità di intendere e di volere. Le accuse contestate possono portare alla pena dell’ergastolo.

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