“A Bari nessuno è straniero. Nemmeno Guerrero“. Slogan ufficiali e calore di una piazza che si fondono e confondono, regalando il sapore unico del calcio di una volta. E il ricordo di Miguel Angel Guerrero, dagli slogan ai gol sbagliati fino alle esultanze porta il sapore del sorriso: quello che ha accompagnato tutta la sua esperienza a Bari. Anche prima per la verità, perché non può non far sorridere l’idea di un Guerrero che arriva a Bari nel ’94 perché un barese, tifosissimo biancorosso e trasferito in Colombia lo segnala alla dirigenza del club. C’è da sostituire Joao Paulo e allora il diesse Regalia prende per buona quella segnalazione e proprio di questi tempi, 28 anni fa, vola a Barranquilla, dove Guerrero con l’Atletico Junior aveva segnato gol a grappoli.

Costa poco, quel ragazzo veloce e possente che aveva pure fatto il pugile in gioventù, e Regalia lo porta a Bari. L’avventura inizia malissimo per Miguel, che viene derubato in aeroporto di un borsello con duemila dollari dentro, e continua peggio visto che nello scalo a Caracas dimenticano di imbarcare i suoi bagagli nel volo per Venezia e dunque arriva in Italia senza soldi e senza vestiti. Ma niente drammi, tanto più che una volta arrivato a Bari (recuperati i bagagli persi), trova un ambiente ideale per lui, mentre fatica un po’ con Materazzi, almeno inizialmente: il mister dice che “nella prima amichevole l’ho visto davvero male” anche se poi lo stesso ammette che fa passi da gigante.

Segna un gol in Coppa Italia, contro il Piacenza, sbaglia due rigori di seguito in campionato, ma il capolavoro e la storia arrivano ad ottobre, contro l’Inter a San Siro.
Dopo soli due minuti Gautieri si beve l’avversario sulla destra, la mette al centro e una deviazione fa carambolare la palla verso Guerrero che spara un destro sotto l’incrocio e porta il Bari in vantaggio. Il colombiano potrebbe segnare segnare ancora subito dopo ma coglie il palo, mentre a fine primo tempo è Tovalieri che raddoppia. A quel punto via a un’esultanza storica: tutti in ginocchio con le mani appoggiate sulle gambe del giocatore davanti, e via al trenino della felicità. Una coreografia importata proprio da Guerrero, che però si arrabbia pure coi suoi compagni: in realtà non andrebbe fatto in quel modo, però va bene, e il trenino della felicità diventa marchio di fabbrica del Bari di Materazzi.

Guerrero segnerà solo un altro gol, ne sbaglierà molti di più, e sfornerà un buon numero di assist per Tovalieri, con il Bari che si salverà senza troppi patemi. E intanto il suo sorriso si concilia con la solarità del pubblico biancorosso, tra cene, dialetto che il colombiano impara e a volte porta nelle interviste in tv, convinto di parlare in italiano. Nella seconda stagione torna tardi e fuori forma dalla Coppa America, e gli viene preferito Protti (che sarà capocannoniere del campionato) così Guerrero viene ceduto in prestito al Merida in Spagna. Torna col Bari retrocesso, e segna 9 gol buoni per riportare i galletti subito in A, alternando ottime partite ad alcune anonime. Poi la Serie A, con altrettanta alternanza tra gol importanti come quelli che salvano la squadra dalla retrocessione e partite senza incidere.

Resterà l’unico attaccante colombiano ad aver giocato a Bari, fino ad oggi: il club per la serie B ha acquistato l’attaccante Ceter. Si vedrà se Ceter riuscirà a far breccia come Guerrero, che tuttora per Bari è un idolo; lo testimonia il fatto che ancora ci si ricorda della “macarena” improvvisata dai tifosi sostituendo alle parole un “e vai Guerrero, vai Guerrero, vai Guerrero”, le cene a base di pesce, la possibilità di incontrarlo in giro per la città a mangiar ricci. O i soprannomi in dialetto che non si possono tradurre, come “Ciola gnor”. Ci si ricorda di Emilio Solfrizzi nel film Selvaggi, con la battuta: “Come professore, non sai chi è Guerrero? E’ la punta di diamante del Bari”. Ci si ricorda soprattutto lo slogan dei Giochi del Mediterraneo del ’97, giocati proprio nel capoluogo pugliese: “A Bari nessuno è straniero”. Mai slogan fu più azzeccato secondo i baresi, che eleggono il colombiano a massimo esempio della correttezza di quelle parole. Sì, perché “A Bari nessuno è straniero, neanche Guerrero”.

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