Anche Panama dal 5 di luglio si è unita all’ondata di proteste che hanno scosso l’America latina negli ultimi mesi. Il paese centroamericano vive oramai da due settimane un estallido social iniziato nella città di Santiago de Veraguas, capitale della provincia di Veraguas (250 km a ovest di Ciudad de Panama). La ragione principale della protesta diventata poi massiva ed estesa a tutto il territorio riguarda l’aumento del costo del carburante, il cui prezzo è lievitato quasi del 50% dall’inizio dell’anno. Lo stato centroamericano affronta la sua maggiore crisi economica dopo la caduta del dittatore Manuel Antonio Noriega nel 1989 (avvenuta dopo l’invasione delle truppe statunitensi) con un tasso di inflazione che supera i quattro punti percentuali e con una disoccupazione al 10%.

In questo scenario post Covid-19, dove l’economia fatica a riprendersi nonostante il canale di Panama continui a produrre duemila milioni di dollari di gettito fiscale annuo, si stima che il 20% della popolazione (circa 800 mila persone delle 4,2 milioni che vivono nel paese) si trovi in situazione di povertà: questo dato colloca Panama come uno dei paesi con il maggior tasso di disuguaglianza nel mondo. L’economia del paese centroamericano è “dollarizzata” e questo, già prima della crisi del petrolio provocata dall’invasione russa dell’Ucraina e dalle conseguenti sanzioni combinate da Usa e Ue, manteneva i prezzi del paniere di consumo relativamente alti per la maggior parte della popolazione.

Ora però la situazione per la gente de a piè (il popolo) è diventata insostenibile perché l’aumento del costo dei carburanti ha provocato un’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari e delle medicine causando situazioni critiche in molte case panamensi. Il 17 giugno 2022 il gallone di benzina di 95 ottani (3.78 litri) aveva superato i sei dollari. Un prezzo impossibile da pagare in un paese dove è stata stabilita dal governo del presidente Laurentino Cortizo, giusto il 31 dicembre 2021, una tabella di salariale di base dove ad esempio si corrisponde a un impiegato domestico un salario 315 dollari al mese.

Inoltre gli altissimi prezzi del carburante che hanno creato un effetto a spirale su tutto il resto arrivano proprio mentre le grandi compagnie petrolifere fanno registrare enormi guadagni, così come denunciato dal mezzo di comunicazione indipendente panamense Antonima. Nelle scorse settimane era stato presentato nell’assemblea nazionale dal deputato Luis Ernesto Carles un progetto di legge che chiedeva di sospendere per almeno tre mesi la tassa statale sui carburanti liquidi, che incide per 60 centesimi di dollaro sul prezzo finale. Il presidente panamense Cortizo però ha posto il veto sulla proposta di legge, impedendone l’attuazione e aprendo la porta a un aumento indiscriminato del prezzo del carburante. Allo scoppio delle proteste inoltre il presidente di Panama non si trovava nel paese ma stava viaggiando negli Usa, precisamente a Houston. Laurentino Cortizo infatti aveva già annunciato a fine giugno che gli era stato riscontrato un cancro e per questo aveva annunciato che sarebbe andato in Texas a inizio luglio per chiedere un secondo parere.

In assenza della prima carica dello Stato il vicepresidente José Gabriel Carrizo non ha preso alcuna iniziativa e così da Santiago de Veraguas la protesta si è presto estesa alle altre province arrivando fino alla capitale. L’autostrada panamericana è stata bloccata da folle di manifestanti e lunghe file di tir che hanno provocato de facto l’isolamento di intere zone del paese (un caso estremo è quello della provincia di Chiriquí). Anche nei supermercati i prodotti alimentari cominciano a scarseggiare ma il popolo non sembra voler cedere. Chi invece ha dato el brazo a torcer (ha dato del filo da torcere) è il presidente Laurentino Cortizo che, dopo aver aperto dei tavoli di mediazione a una settimana dall’inizio delle proteste con le diverse sigle e frange delle proteste, ha annunciato il blocco del prezzo di dieci prodotti del paniere di consumo e un ribasso dei prezzi del carburante.

Un primo passo che però non ha messo d’accordo tutti i manifestanti e che è stato solo l’antipasto dell’accordo definitivo arrivato domenica 17 luglio, quando la presidenza ha annunciato di aver firmato un decreto che blocca per tre mesi il prezzo del combustibile a 3,25 dollari al gallone. Sembrano soddisfatte le delegazioni degli indigeni della contea Ngäbe-Buglé e quelle degli agricoltori, presenti alla firma dell’accordo in un edificio della chiesa cattolica nel distretto di San Félix, provincia di Chiriquí (nell’ovest del paese). Non sembrano però soddisfatte altre frange della protesta che, sempre domenica 17 luglio, hanno occupato la cinta costera (zona costiera) della capitale e che, nel caso del potente sindacato dell’edilizia, hanno già preannunciato altri blocchi e proteste.

Insomma, l’accordo raggiunto potrebbe non frenare il livore verso la figura di Cortizo e in generale verso le istituzioni che ormai attraversa tutto il paese. La questione dell’alto prezzo dei beni di consumo di base rimane aperta e anche la scarsità di medicine (e l’altissimo costo di quelle reperibili) mantengono alta la tensione. Come se questo non bastasse, con un pessimo timing, il presidente Cortizo ha approvato il 20 giugno scorso (dopo aver negato la possibilità di abbassare le tasse sui carburanti) degli sgravi fiscali per il settore alberghiero (legge 314 che modifica la legge 80 del 2012) diminuendo ancora di più la sua credibilità di fronte alla popolazione.

Inoltre, lo scandalo già soprannominato “McCallan 18 anni” avvenuto il giorno dopo la sessione con la quale i nuovi deputati dell’assemblea hanno iniziato il loro mandato (1 luglio 2022), ha gettato ancora più benzina sul fuoco e tolto credito alle istituzioni. Infatti, in un video diventato subito virale, si vedono i deputati del Partido Revolucionario Democrático (Prd) celebrare con un bottiglia di whiskey McCallan – che nel paese centroamericano costa (nei supermercati) quasi 400 dollari.

La sensazione generale è quella dunque di una diffusa corruzione e di una continua malversazione del denaro pubblico ad appannaggio di pochi eletti e delle grandi imprese che si beneficiano di un sistemico e atavico clientelismo. La coda lunga della guerra in Ucraina è arrivata dunque fino a Panama con un rialzo senza precedenti dei prezzi che potrebbe essere la goccia che farà traboccare il vaso.

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