La Guardia di finanza di Brescia ha perquisito l’abitazione di Giuseppe Romele, deputato per quattro legislature fino al 2018 (sempre eletto con Forza Italia e poi passato in corsa con Fratelli d’Italia). Romele, almeno per ora, non è sotto inchiesta. Ma la Procura di Milano, nell’ambito dell’indagine che vede indagato l’europarlamentare Carlo Fidanza (FdI) per corruzione (foto), ritiene che l’ex deputato, noto per la sua vicinanza al ministro Mariastella Gelmini, potrebbe contribuire a fare chiarezza sulla vicenda delle dimissioni del consigliere comunale bresciano Giovanni Acri, dimissioni che sarebbero avvenute, secondo l’ipotesi accusatoria sostenuta dai pubblici ministeri Giovanni Polizzi e Cristina Roveda, per far entrare nella massima assise cittadina Giangiacomo Calovini, appartenente alla corrente di Fidanza. Quest’ultimo, da ciò l’ipotesi di corruzione, avrebbe poi provveduto ad assumere il figlio di Calovini nella sua segretaria politica all’europarlamento.

Sarebbe stato proprio Romele (vice coordinatore lombardo di FdI), secondo quanto si legge nell’esposto anonimo dell’ottobre 2021 che sollevò il caso dell’avvicendamento in consiglio comunale, il regista dell’operazione politica, colui che avrebbe incontrato Acri, all’inizio alquanto scettico, per poi convincerlo a dimettersi. Tesi da dimostrare, naturalmente. Ma per i magistrati l’ex deputato bresciano è “persona informata sui fatti” e come tale verrà convocato per un interrogatorio. Gli inquirenti non hanno reso noto se nell’abitazione di Romele sono stati rinvenuti documenti utili all’inchiesta. I finanzieri, in ogni caso, hanno sequestrato lo smartphone dell’ex deputato e nei prossimi giorni lo analizzeranno. Altre due perquisizioni con sequestro di telefoni e Pc sono state inoltre eseguite dalle Fiamme Gialle nei confronti di tre altre persone (non indagate): una collaboratrice e segretaria di Fidanza, Andrea Turra (militante della sezione giovanile bresciana di Fdi) e un commercialista, il cui studio era già stato perquisito lo scorso giugno.

Nel frattempo Fidanza (che si è dichiarato da subito estraneo ai fatti: “Non ho commesso alcun atto illecito e sono certo che le indagini lo dimostreranno”) resta in regime di autosospensione dalle cariche di partito dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta di FanPage.it sulla cosiddetta “lobby nera” dell’estremista di destra Roberto Lavarini Jonghi. Per quella vicenda, l’eurodeputato è già indagato, sempre a Milano, per finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio.

Ma di fatto l’attività politica di Fidanza non si è mai interrotta. Di recente, ha fornito il suo contributo alla campagna elettorale di Magenta, nel Milanese, dove il centrodestra ha vinto ma Fratelli d’Italia ha fatto segnare il peggior risultato tra i comuni lombardi andati alle urne nella tornata del 12 giugno, fermandosi al 7,88%. Subito dopo il voto si è aperta la delicata partita della giunta: a FdI spettava un solo assessore con almeno tre aspiranti. Alla fine, tra tensioni e litigi, l’ha spuntata Stefania Bonfiglio, esponente della corrente di Fidanza.

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