“Posso sintetizzare che la stragrande maggioranza degli interventi ha colto la forza e la coerenza della nostra posizione. Adesso la decisione non spetta a noi ma spetta al premier Draghi“. La chiusura dell’assemblea congiunta M5s da parte di Giuseppe Conte è un messaggio diretto per il presidente del Consiglio: la linea espressa nel video di sabato sera ha passato l’esame del gruppo e il Movimento va avanti. Nonostante le spinte di una parte di “governisti”. Conte ne ha preso atto e ha chiesto un atto di chiarezza ai dissenzienti: “Se c’è qualcuno che vuole lasciare lo faccia subito” ha detto, a conferma dei contrasti all’interno del Movimento. Che però ha una linea ufficiale, dettata dalle parole del presidente: “Draghi deve valutare le condizioni e decidere il perimetro di questo percorso. La nostra linea è molto chiara e coerente”. E ancora: “Il Paese è in una condizione davvero drammatica. Di fronte a questo l’atteggiamento di responsabilità ci impone di chiedere al presidente Draghi che le priorità da noi indicate vengano poste nell’agenda di governo“. E “proseguire a tutti i costi nella responsabilità di governo senza chiarire l’agenda sociale all’interno del governo, sarebbe questo sì un atteggiamento irresponsabile”. Un discorso che ricalca quello pronunciato in diretta Facebook e che ribadisce la condizione alla base di qualsiasi futuro accordo: per poter sostenere l’esecutivo, Draghi dovrà dare “risposte concrete” al documento politico che gli ha consegnato lo stesso Conte nelle scorse settimane. Non basteranno le dichiarazioni di intenti, a detta dello stesso Conte, ma saranno necessari dei segnali per ciascuno dei nove punti che sono stati sollevati.

Ma non solo. “Il premier Draghi dovrà anche risolvere un problema serio”, ha continuato l’ex premier. “Non può sfuggire che ancora in questi giorni noi siamo insultati, siamo attaccati da forze politiche che sarebbero con noi in maggioranza. In questi giorni Renzi dichiara che andrà a depositare referendum contro il reddito di cittadinanza; Ipf ci calunnia tutti i giorni gravemente; Fi e Lega dicono che non vogliono assolutamente lavorare con noi. Attenzione, è un fatto serio. Il premier Draghi dovrà farsi garante se vorrà un clima di rispetto e leale collaborazione nei nostri confronti“.

Le tensioni nel Movimento, ma la linea Conte prevale – Per tutto il giorno si sono rincorse le voci di una possibile e nuova scissione dentro il M5s. In serata, poi, è arrivata la conferma direttamente dalle parole di Conte: “Rispetto qualche opinione dissenziente espressa al nostro interno, nonostante una linea chiara appoggiata dalla stragrande maggioranza dei colleghi. Se ci sono persone che vogliono lasciare mi dispiace – ha detto l’ex premier – non sarebbe a cuor leggero per me come leader, ma c’è bisogno di chiarezza. Se qualcuno ritiene di non poter condividere un percorso così partecipato e condiviso faccia la propria scelta in piena libertà, in maniera chiara, subito e senza ambiguità“. Tradotto: chi vuole andare lo faccia subito. Malumori che, per dirla tutta, avevano già trovato riscontro nelle manovre del capogruppo 5 stelle a Montecitorio Davide Crippa. Che non ha fatto niente per smentirle. Stando ad alcune indiscrezioni infatti, ci sono tra i 20 e i 30 parlamentari che potrebbero decidere di votare la fiducia e lasciare i 5 stelle. E non per forza aderire, almeno non immediatamente, al gruppo di Luigi Di Maio. Crippa oggi ha anche tentato un blitz, in accordo con Pd e Italia viva. Al momento della riunione dei capigruppo, ha appoggiato la proposta di dem e renziani di chiedere a Draghi di iniziare le comunicazioni da Montecitorio e non da Palazzo Madama.

Potrebbe sembrare un tecnicismo, ma non lo è: alla Camera Conte è più debole che al Senato, dove c’è stato il non-voto al decreto Aiuti. Alla fine però, la decisione è toccata ai presidenti Fico e Casellati: si parte da Palazzo Madama, perché lì Draghi si è presentato prima per l’insediamento e così vuole la prassi. Il gesto di Crippa però, era già stato fatto e in tanti (soprattutto al di fuori del Movimento), lo aspettavano. Anche Conte evidentemente, che in serata, chiudendo l’assemblea dei parlamentari, si è rivolto direttamente a Crippa (pur non pronunciando il suo nome) per richiamarlo in un certo senso all’ordine e al rispetto del ruolo: “Chi nel direttivo della Camera ha sue convinzioni pregiudiziali e non condivide la linea del gruppo assicuri rispetto del proprio ruolo, dei compiti di ufficio, nel rispetto di tutti – ha detto Conte – C’è una notte per pensarci, decisioni che vanno in direzione di una diversa prospettiva siano dichiarate per tempo, per correttezza verso tutti”. Il clima dentro l’assemblea M5s, del resto, è stato altalenante: si è passati dagli attacchi diretti di domenica (“traditori” rivolto a chi vuole la fiducia, è stato solo uno degli epiteti circolati), ai tentativi di riconciliazione dell’ex ministro Alfonso Bonafede che ha chiesto prima di tutto “buonsenso”. E i tre ministri, che nelle scorse ore avevano tentennato, sembrano ritornare sui loro passi e allinearsi al capo politico: Patuanelli e Dadone sicuramente, mentre è molto più difficile digerire lo strappo per D’Incà. In tutto questo Beppe Grillo tace e si è limitato a cambiare l’immagine del profilo Whatsapp: ha messo la foto di un barattolo di colla. Per i 5 stelle il chiaro segnale che voleva attaccare “i poltronari”, quelli che farebbero di tutto “pur di non andare a casa”.

Cosa succederà – L’ora x in Parlamento si avvicina a grandi passi. I giorni di riflessione per Draghi si stanno esaurendo e le forze politiche si schierano di conseguenza. Per il centrodestra di governo la strada è stretta: o un Draghi bis, ma senza 5 stelle, o si deve tornare alle urne. E’ quello che chiede a gran voce anche Giorgia Meloni. Ma il voto in autunno conviene davvero solo a Fratelli d’Italia. Per gli altri, berlusconiani e leghisti, sarebbe un accelerazione pericolosa. Ancora peggio per i democratici, che da giorni cercano di convincere il M5s a tornare sui suoi passi per evitare la crisi prima della fine della legislatura. E Draghi? Oggi non è trapelato nulla di ufficiale. È stato ad Algeri per firmare il contratto per le forniture del gas e niente si è fatto sfuggire sulla crisi politica. E, in serata da Chigi, nelle cui vicinanze si è tenuta una delle manifestazioni “pro-Draghi” dei centristi, facevano sapere che non si sono registrate novità tali da far cambiare idea al premier. Anzi, le notizie che filtrano dall’altra sponda preoccupano non poco chi non vuole le elezioni anticipate visto che il centrodestra è sempre più nervoso. Al punto che Silvio Berlusconi ha lasciato il suo rifugio in Sardegna per annusare l’aria romana e convocato una riunione con i suoi nella quale ha mantenuta alta la tensione senza chiudere né in un senso né l’altro. “Noi chiediamo stabilità per il paese, stabilità che non si può avere con il M5s al governo. La soluzione è o un governo Draghi senza 5s o si va a votare”, fa sapere a riunione in corso il coordinatore di FI Antonio Tajani. Una posizione che, se non verrà sfumata, rende impossibile un accordo per tornare allo status quo. Uno che invece sostiene che la soluzione ci sia già c’è: Matteo Renzi. “Penso che andrà a finire così, che Draghi farà prevalere il senso delle istituzioni” e che il finale sarà che Draghi torna a Chigi e Conte torna a casa”. Fra poche ore sapremo chi ha ragione.

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