Quando mancano meno di due giorni alle comunicazioni di Mario Draghi alle Camere, la tensione rimane altissima dentro il Movimento 5 stelle. Oggi a muoversi in autonomia, e senza consultarsi con il leader Giuseppe Conte, è stato il capogruppo a Montecitorio Davide Crippa. Durante la riunione dei capigruppo infatti, ha tentato il blitz e appoggiato la richiesta di Pd e Italia viva che il premier iniziasse a parlare dalla Camera dei deputati. Una proposta poi superata dall’accordo tra i presidenti Fico e Casellati: al Senato il governo Draghi ha avuto il primo voto di insediamento e lì, volendo seguire la prassi, deve ripartire. Ma la decisione non era solo tecnica: a Montecitorio c’è il maggior numero di “governisti” del Movimento (si parla di almeno 20 o 30 parlamentari), è lì che la linea Conte dell’appoggio esterno “salvo risposte concrete” potrebbe vacillare ed è lì che potrebbe esserci una nuova scissione del Movimento. Nonostante le manovre però, la scelta finale è stata presa dal presidente della Camera e dalla collega alla guida del Senato.

Resta il fatto che, dentro il Movimento, ormai sono molteplici le spinte. E non mancano le voci di una nuova spaccatura che potrebbe seguire quella di Luigi Di Maio di circa una mese fa. Una prima resa dei conti è stata nel primo pomeriggio e proprio nel corso dell’assemblea congiunta dei gruppi M5s di Camera e Senato. Alcuni parlamentari hanno chiesto a Crippa di spiegare il suo comportamento. Poco dopo ha preso la parola proprio lo stesso leader Conte: “Non sono stato informato”, ha detto. La giustificazione ufficiale del capogruppo M5s è stata che il provvedimento che ha dato il via alla crisi, cioè il decreto Aiuti “non votato dal M5s”, è stato approvato prima alla Camera. E ha continuato: “Alla Camera abbiamo votato la fiducia e il non voto al Senato era legato al provvedimento, non alla fiducia. Quindi ora risulta difficile spiegare ai cittadini perché ritiriamo la fiducia a Draghi dopo averla data alla Camera in attesa del decreto di fine luglio”. Per Crippa il M5s deve rimanere dentro il governo per vedere i decreti, rimediare agli errori, come quelli sul Superbonus, e dare risposte ai cittadini. “Dall’opposizione la vita non la migliori. Fai solo propaganda“, ha detto ancora secondo i presenti all’assemblea.

Ora bisogna capire come si comporterà il Movimento. Da sabato sera, subito dopo il suo intervento in diretta Facebook, Conte ha convocato un’assemblea congiunta permanente su Zoom. Il vertice, aperto a deputati e senatori, è stato interrotto e ripreso sia domenica che lunedì. E in quella sede sta cercando di raccogliere le opinioni di tutti i parlamentari e raggiungere una linea condivisa. Stando alle ultime indiscrezioni, la maggioranza degli eletti sono sulla linea Conte e quindi sono concordi sul fatto che, per restare all’esecutivo, dovranno prima avere risposte “concrete” da Draghi. E in particolare sul documento politico in nove punti che gli ha consegnato proprio Conte qualche settimana fa. Anche oggi, nella prosecuzione della lunghissima assemblea congiunta dei gruppi M5s, la linea prevale nettamente. A quanto apprende l’Adnkronos, più di 20 parlamentari intervenuti hanno infatti espresso il loro sostegno nei confronti di Conte: Bonafede, Vanin, L’Abbate, Di Lauro, Lanzi, Misiti, Di Girolamo, Zolezzi, Pirro, Olgiati, Flati, Cominardi, Ferraresi, Castaldi, Endrizzi, Dadone, Fontana, Cioffi, Gallicchio, Coltorti, Corneli, Barzotti, Micillo e Matrisciano. Per ora tre i parlamentari che si sono nettamente schierati a favore della fiducia al governo Draghi: si tratta del capogruppo alla Camera Crippa, Cattoi e Provenza. Più sfumata invece la posizione di Businarolo e Palmisano. Resta però il fatto che la pattuglia dei governisti sta provando a far sentire la sua voce: il gruppo è formato da circa 30 parlamentari e spingono perché sia votata la fiducia all’esecutivo per poter andare avanti sui vari fronti di riforme e decreti. In particolare, almeno due dei tre ministri M5s (D’Incà e Dadone) negli ultimi giorni hanno cercato di mediare perché non si arrivasse alla rottura. Dadone però, oggi ha ribadito che “seguirà la linea del capo politico”: “Farò quello che fa Conte”, ha detto in assemblea. Le prossime ore saranno decisive per capire le prossime mosse del Movimento, dalle quali poi dipenderà anche la nascita del Draghi bis o l’eventuale scioglimento anticipato delle Camere.

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