Una calorosa stretta di mano al re saudita Salman e solo un gelido e silenzioso pugno con il figlio, il principe Mohammed bin Salman. Joe Biden ha salutato così i membri della famiglia reale arrivando a palazzo Al-Salam a Gedda. Il principe, reggente di fatto, lo ha accolto a palazzo: secondo l’intelligence Usa è proprio lui il mandante del brutale assassinio di Jamal Khashoggi.

Biden è ricorso a questa contrapposizione e a questo escamotage (meno compromettente ma secondo molti ipocrita) per evitare l’imbarazzo di un gesto che sarebbe stato immortalato per sempre dalle telecamere di tutto il mondo, dopo che in campagna elettorale aveva promesso di trasformare Riad in un paria a causa dell’omicidio del giornalista saudita dissidente. Per evitare l’accusa di aver ritrattato, anche all’interno del suo partito, il commander in chief ha promesso di sollevare il tema dei diritti umani. “La mia posizione è sempre stata assolutamente chiara e non sono mai stato in silenzio quando si è trattato di questo”, ha assicurato il leader Usa.

Che poi ha aggiunto: “Ho detto al principe ereditario Mohammed bin Salman che penso sia personalmente responsabile per l’uccisione di Khashoggi“. E cosa ha risposto bin Salman? “Il principe ereditario Mohammed bin Salman mi ha risposto che non ha responsabilita per l’uccisione di Khashoggi”, ha detto Biden a Gedda. Uno scambio di battute che definire surreale è un eufemismo. Anche perché poi l’inquilino della Casa Bianca ha aggiunto: “Quello che è accaduto a Khashoggi è oltraggioso. Ho messo in chiaro che se accade ancora qualcosa del genere avranno una risposta adeguata“.

Biden è sbarcato a Gedda per affrontare la tappa più difficile del suo primo viaggio da presidente in Medio Oriente: una visita che segna il ritorno degli Usa dopo anni di disimpegno nella regione, dove vogliono tornare ad avere “un ruolo guida senza lasciare vuoti che siano riempiti dalla Russia o dalla Cina”, come ha spiegato lui stesso. Il suo scopo principale è quello di normalizzare le relazioni tra Israele e i Paesi Arabi – con un fronte comune contro la minaccia iraniana – sotto l’ombrello degli accordi di Abramo lanciati dal suo predecessore Donald Trump, correggendo però l’isolamento dei palestinesi. L’inquilino della Casa Bianca ha già incassato le prime aperture, tra cui la decisione di Riad di aprire lo spazio aereo “a tutti i vettori”, mettendo così fine al bando contro i voli da e per Israele e consentendo il sorvolo dei suoi aerei verso l’Oriente. Una svolta che gli ha permesso di fare la storia, diventando il primo presidente americano ad andare con un volo diretto dal suolo israeliano in un Paese arabo che non riconosce lo Stato ebraico. In cambio il premier israeliano Yair Lapid ha dato il suo ok per la restituzione a Riad della sovranità delle isole di Tiran e Sanafir, di fronte a Sharm el-Sheikh. Con una tappa a Betlemme, dove ha annunciato fondi per 316 milioni di dollari e l’aiuto di Israele a passare alla rete 4G per accelerare la digitalizzazione dell’economia, Biden è riuscito anche riavviare i rapporti con i palestinesi (cancellati in epoca Trump) e a rilanciare il dialogo per la soluzione dei due stati, benché abbia riconosciuto che al momento non ci sono le condizioni per negoziati.

Ma è a Gedda, dove ha avuto un bilaterale con re Salman prima di un incontro allargato con MbS e vari ministri sauditi, che si gioca la partita più difficile. Anzi, più partite. Una è quella per convincere Riad a proseguire sulla via della normalizzazione dei rapporti con Israele, entrando negli accordi di Abramo. Un’altra è quella per ottenere dai sauditi un aumento della loro produzione di greggio per sostituire quello russo, sotto embargo occidentale per la guerra in Ucraina, diminuendo il prezzo stellare della benzina e la corsa sfrenata dell’inflazione che minano le chance democratiche alle elezioni di Midterm e anche le sue alle presidenziali del 2024. Su questo il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha già detto che non vi sarà alcun annuncio a breve, lasciando intendere però che una svolta potrebbe arrivare nelle prossime settimane, quando l’Opec tornerà a riunirsi. Finora Riad, che detta la linea dell’Opec, ha fatto sponda al Cremlino, tenendo chiusi i rubinetti. In agenda ci sono altri dossier: l’estensione della tregua in Yemen mediata dall’Onu, le energie rinnovabili, la cybersicurezza, la sicurezza alimentare ed energetica, l’avanzamento dei diritti umani, la minaccia iraniana. Tutti temi che obbligano Biden a cambiare approccio verso Riad in nome della realpolitik. Anche a costo di dover scambiare con MbS un meno impegnativo ma pur sempre significativo saluto col pugno.

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