Pochi giorni fa il parlamento olandese ha approvato una proposta di legge, promossa dai partiti GroenLinks (sinistra Verde) e D66 (sinistra liberale), per rendere il lavoro da casa un “diritto legale”: se approvata, la misura renderebbe i Paesi Bassi una delle prime nazioni a garantire per legge la flessibilità del lavoro a distanza per quelle professioni per cui è possibile lavorare da casa. La proposta di legge è stata confermata dalla camera bassa olandese, quindi si attende l’esito del voto del senato prima che la misura possa essere ufficialmente adottata nel Paese: in base al testo della proposta, si apprende che i datori di lavoro sarebbero obbligati a “prendere in considerazione le richieste dei dipendenti di lavorare da casa, purché le loro professioni lo consentano” e a fornire spiegazioni nel caso in cui rifiutino la richiesta dei dipendenti. Mentre in Italia l’esigenza dei dipendenti di lavorare da casa si è manifestata soprattutto durante e in seguito alla pandemia, il lavoro da casa era una scelta popolare nei Paesi Bassi già prima del 2020: stando ai dati dell’Eurostat, nel 2018 il 14% degli olandesi occupati ha lavorato da remoto, la cifra più alta registrata allora nell’Ue.

Oltre ai partiti promotori del disegno di legge, per i quali rappresenta un passo importante per i lavoratori che possono “trovare un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e di ridurre il tempo speso per il pendolarismo”, si sono detti soddisfatti anche i rappresentanti sindacali: per José Kager, portavoce della FNV – Federazione dei sindacati olandesi – “la crisi del Covid ha dimostrato che il lavoro a distanza può funzionare e che i lavoratori sono più felici e produttivi se alternano il lavoro da casa e in ufficio”. “Come sindacato”, ha aggiunto Kager, “sollecitiamo le aziende a stipulare accordi collettivi sul lavoro a distanza”. La maggior parte dei lavoratori olandesi, si legge sul Wall Street Journal, vorrebbe rendere il lavoro flessibile una condizione perenne: un recente sondaggio ripreso dalla testata e condotto su 5.300 dipendenti olandesi nei settori finanziario, aziendale e governativo ha rilevato che il 70% desiderava alternare tra il lavoro a casa e in ufficio. Solo il 10% ha dichiarato di voler tornare al lavoro d’ufficio a tempo pieno e il 20% ha dichiarato di voler lavorare solo da casa.

Anche in Italia, la ricerca “Italiani e lavoro nell’anno della transizione” condotta dalla Fondazione studi consulenti del lavoro in collaborazione con SWG, ha rilevato che dopo due anni di pandemia oltre la metà degli italiani (55%) aspira a trovare una nuova occupazione perché insoddisfatta di quella attuale, alla ricerca di una posizione lavorativa maggiormente flessibile e la possibilità di decidere dove e come svolgere il proprio lavoro. Ma meno di un mese fa, il ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta, ha nuovamente sottolineato che “la presenza in ufficio è fondamentale”: interpellato sulla dichiarazione di inizio giugno dell’amministratore delegato di Tesla Elon Musk (“il lavoro da remoto non è più accettabile, chi vuole lavorare da remoto deve essere in ufficio almeno 40 ore alla settimana o lasciare Tesla: ci sono ovviamente aziende che non lo richiedono ma- ha aggiunto – quando è stata l’ultima volta che sono state in grado di fare un buon nuovo prodotto?”), Brunetta ha sottolineato come “un anno prima di Elon Musk” avesse già detto che una volta stabilizzata la situazione sanitaria, la presenza in ufficio sarebbe tornata fondamentale. “Bene le indagini che hanno rilevato il benessere dei lavoratori legato al miglioramento della qualità della vita, al calo del pendolarismo, all’impatto positivo sull’ambiente” ha aggiunto il ministro, “ma la finalità principale del lavoro pubblico non è questa: è fornire i migliori servizi alla collettività”.

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