Il Movimento 5 Stelle è stato l’ultima proposta politica che in Italia ha sollevato entusiasmo negli strati popolari. Questo è poi naufragato nell’incapacità del movimento di dare una risposa politica alle domande sociali di cui era stato depositario. Su un punto solo il Movimento è riuscito ad andare in buca, ed è quello del reddito di cittadinanza, misura meritoria e positiva, che non a caso è nel mirino di Confindustria e dei sui partiti di riferimento, dal Pd in là. Per il resto il Movimento 5 stelle, nonostante fosse depositario di un consenso popolare enorme con il voto di un italiano su 3, dilaniato dalle grandi differenze politiche, non è stato in grado di corrispondere alle aspettative che aveva sollevato. Questo è il loro vero fallimento.

Prima di M5s era stata la sinistra radicale, in particolare Rifondazione Comunista ad essere depositaria delle speranze popolari. Rifondazione, la cui forza politica era molto più piccola di quella del Movimento 5 stelle (un quinto dei voti e dei deputati), fallì nel tentativo di condizionare il centro sinistra: l’esperienza del secondo governo Prodi, a cui partecipai come ministro, non segnò alcuna alternativa reale. Non riuscimmo ad imporre una svolta su nessun punto decisivo. Su questa base vi fu la crisi della sinistra radicale. Adesso ci troviamo in una situazione in cui la situazione sociale è drammaticamente aggravata e in cui la guerra – alimentata dal nostro governo con il vergognoso appoggio di quasi tutto l’arco parlamentare – sta facendo precipitare i livelli di vita di milioni di persone. L’autunno sarà un disastro.

In questa situazione è necessario costruire una proposta politica che sappia conquistare la fiducia popolare – come hanno fatto il Movimento 5 Stelle e Rifondazione Comunista prima – senza ripetere gli errori già commessi. Voglio elencare i principali:

– Il primo è l’idea di poter condizionare il centro sinistra: Si tratta di una illusione. Occorre costruire una forza alternativa che si fondi sulle ragioni dell’alternativa alle politiche esistenti e al modo di far politica odierno e non sull’accordo con gli esponenti dei poteri forti.

– Il secondo è l’idea che sia sufficiente avere la forza parlamentare per cambiare: senza radicamento nella società, senza un intreccio profondo tra conflitto sociale e lotta nel palazzo non si riesce a cambiare nulla.

– Il terzo è che si possa essere né di destra né di sinistra: alla fine non si sa più chi si è e dove si vuol andare, non si ottiene nulla di buono e si sprecano i consensi ottenuti.

– Il quarto è l’idea che le regole siano un optional e che si possa violarle – o far finta che non ci sono – come se nulla fosse. Pensiamo solo alla questione degli stipendi dei parlamentari. Le regole di un movimento politico sono un fatto decisivo e così il loro rispetto: non sono un fatto interno ma il patto costituente con i cittadini.

Sabato, con un’assemblea tenutasi a Roma, è stato lanciato un percorso politico di costruzione di un’unione popolare, verso l’unione popolare. La proposta, a partire da un appello contro la guerra e il liberismo, vuole dare una risposta positiva proprio a quelle esigenze sociali che nel passato hanno trovato un punto di riferimento nella sinistra o nel movimento 5 stelle. Da questo punto di vista l’assemblea di Roma è stata un ottimo punto di partenza: per la presenza di tante persone, il doppio di quello che la sala poteva contenere; per la presenza di varie esperienze di lotta sociale, dai portuali di Genova ai No Tav della Val Susa; per la presenza di varie esperienza sindacali, dalla Cgil all’Usb; per le diverse provenienze politiche di molti dei protagonisti: Parlamentari ex 5 stelle, diverse organizzazioni della sinistra di alternativa, ambientalisti, pacifisti, amministratori locali alternativi ai poli politici esistenti.

L’assemblea ha cioè parlato di una possibilità, ha scelto chiaramente la strada dell’alternativa ai poli politici esistenti e lo ha fatto senza estremismi: lo ha fatto mettendo al centro parole d’ordine chiare e concrete, come pace e disarmo, sviluppo della sanità e dell’istruzione pubblica, reddito minimo, lotta alla precarietà all’inquinamento e al cambio climatico, diritti eguali per tutt@. In altri termini sabato si è vista, in nuce, la possibilità di una aggregazione popolare, tanto alternativa quanto concreta.

Si tratta adesso di fare un passo in avanti, senza rifare gli errori delle esperienze passate. Si tratta allora di unire all’alternatività politica ai poli esistenti la costruzione, a partire dai territori, un vero e proprio movimento politico di massa e nello stesso tempo di darsi le regole, di un patto costituente tra questo movimento e gli strati sociali che vogliamo rappresentare. Questa è la sfida che ci attende: intrecciare la costruzione del conflitto sociale con la costruzione del movimento politico in forme democratiche e partecipate. Perché l’alternativa di cui abbiamo bisogno è ora!

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