“E’ stato un inferno lungo sette anni, sono stata trattata, dipinta e massacrata come una criminale sulla base di dichiarazioni e accuse del tutto false che hanno portato a un processo che mai si sarebbe mai dovuto celebrare. E infatti si è dissolto rivelando uno spettacolo indegno di bugie e manipolazioni per sostenere un’accusa del tutto falsa”. Così Manuela Petescia, giornalista e conduttrice di Telemolise commenta la decisione con cui a Bari sono stati rinviati a giudizio l’ex presidente della Regione Molise Paolo di Laura Frattura e l’avvocato Salvatore Di Pardo per il reato di “calunnia continuata in concorso”. Una vicenda giudiziaria esplosa nel 2015 e passata alle cronache come il “ricatto al governatore del Molise”, che vede ora gli accusatori e gli imputati a parti invertite, in una perfetta e radicale nemesi della storia. La prima udienza sarà il 6 dicembre.

A novembre 2015 l’ex pm di Campobasso Fabio Papa (oggi a Chieti) e la Petescia finiscono sotto processo con l’accusa di tentata concussione ed estorsione ai danni di Frattura, nonché violazione di segreto d’ufficio, abuso e falso. Dopo due anni di indagini il pm di Bari chiede due anni e otto mesi più l’interdizione dalla professione giornalistica per Petescia, quattro la radiazione per Papa. La Procura infatti crede alla versione di Frattura, all’epoca governatore della regione, secondo cui i due nel corso di una cena organizzata in casa del magistrato “nell’autunno 2013” avevano messo sul tavolo questo ricatto: o si mette mano alla legge sui fondi alle tv e si finanzia Telemolise o oppure finisci a pezzi nell’indagine su Biocom, condotta da Papa, in cui Frattura era coinvolto. E ci crede nonostante Frattura avesse impiegato oltre un anno prima di andare in Procura a denunciare la “cena del ricatto”. Le indagini difensive, anche grazie all’uso delle celle telefoniche, hanno permesso poi acclarare che in realtà quella cena a quattro non c’era mai stata. E da lì, il castello d’accuse ha iniziato a franare, fino all’assoluzione piena degli accusati e al rinvio a giudizio degli accusatori.

Il pm chiede il giudizio per Frattura e Di Pardo perché “in concorso tra loro, con più azioni ed omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso, inizialmente con la denuncia del 17.12.2014 e poi con dichiarazioni non veritiere e/o reticenti, comunque omettendo di riferire il vero, rese ai Carabinieri in data 27.01.2015, al OM in data 12.06.2013 e davanti alla Corte d’Appello in data 17 maggio 2019 e comunque fino alla sua conclusione, incolpato Fabio Papa e Manuela Petescia dei reati di concussione ed estorsione. In Bari dal 17.12.2014 fino alla conclusione del processo d’appello in data 10 marzo 2021”. Gli ultimi due passaggi sono essenziali per lo sviluppo giudiziario della vicenda, senza la continuità del reato gli accusati avrebbero potuto certamente chiedere l’archiviazione per intervenuta prescrizione.

“Il pm coperto di accuse false ha avuto anche un grave problema di salute, io sono stata trattata come una criminale quando ero innocente”, rimarca la Petescia cui l’assoluzione piena e il riconoscimento pubblico di un errore giudiziario non bastano. “Certo che sono sollevata, ma anche preoccupata di quel che ha rivelato questa vicenda kafkiana: in questo Paese se due persone che godono di credibilità pubblica raccontano che un anno prima, non sanno esattamente quando, ti hanno visto ai giardinetti con dei bambini ti ritrovi poi alla sbarra come pedofilo. E impieghi anni per dimostrare che non lo sei, quando l’accusa era palesemente infondata”.

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