Omicidio premeditato e pluriaggravato, occultamento di cadavere. Le accuse, seppur gravissime, non bastano a descrivere la scena: nessun rapimento, nessun commando di tre uomini incappucciati, nessun mistero. Elena, 5 anni, giaceva in un campo a 600 metri dalla sua casa a Mascalucia, pochi chilometri da Catania: il suo corpo senza vita era in parte sotterrato, all’interno di cinque sacchi neri della spazzatura, ricoperto alla meglio da terriccio e cenere lavica. Lo aveva portato lì sua madre, Martina Patti, 23 anni, nel tentativo maldestro di nascondere il corpo e quello che aveva fatto. “L’ho uccisa io” ha detto la donna ai carabinieri, nel corso dell’ennesimo interrogatorio a cui è stata sottoposta dopo aver chiesto aiuto alle forze dell’ordine. Perché sua figlia Elena era scomparsa, era stata sequestrata da uomini travisati. Tutto troppo strano. I carabinieri non le hanno mai creduto. L’hanno interrogata per ore. Alla fine la donna ha ammesso l’omicidio, dopo aver fatto ritrovare il cadavere della figlia, accompagnando i militari con la sua auto sul luogo in cui aveva nascosto il cadavere della bambina. Ciò che Martina Patti non ha fatto, però, è fornire una ricostruzione credibile della dinamica e soprattutto un movente del delitto. L’ispezione medico legale, tuttavia, ha fornito informazioni non equivocabili: sul corpo della bambina sono state riscontrate molteplici ferite da armi da punta e taglio alla regione cervicale e intrascapolare. Fuor dal linguaggio tecnico: Elena è stata uccisa con un coltello da cucina, che le ha procurato ferite mortali a collo, orecchio e sulla parte superiore della schiena.

Secondo quanto ricostruito da chi indaga, la giovane madre ha ucciso in casa Elena per poi portare il corpo in un terreno di campagna abbandonato a 600 metri da casa, cercando di coprirlo alla meno peggio. L’omicidio è stato commesso dopo che la donna aveva preso la bambina all’asilo, mentre era sola nella villetta in cui viveva e che è stata sequestrata per permettere ulteriori indagini. Non ancora chiari movente e dinamica dell’uccisione. A leggere una nota in cui gli inquirenti hanno ricostruito l’accaduto, Elena potrebbe essere stata uccisa dalla madre “per via di una forma di gelosia nei confronti dell’attuale compagna dell’ex convivente”, in quanto non tollerava che alla donna “vi si affezionasse anche la propria figlia”. Martina Patti, tuttavia, ha detto di avere agito senza capire quello che stava facendo. Un aiuto alle indagini potrà arrivare dall’autopsia disposta dalla Procura. Fino agli esiti dell’esame sul corpo della piccola non ci saranno certezze. Nel frattempo la donna è stata posta in stato di fermo per omicidio premeditato e pluriaggravato e occultamento di cadavere.

All’inizio di questa vicenda, le indagini dei carabinieri e della Procura di Catania hanno puntato sia sul rapimento che sulla denuncia della madre, che è apparsa “poco credibile” nella ricostruzione fornita. Alcune ‘anomalie’ sono emerse subito agli investigatori, specie nella dinamica del sequestro: tre uomini incappucciati e uno armato di pistola. Nessun testimone, oltre a lei, dell’episodio. Non ha chiesto subito aiuto, telefonando al 112, ma prima è andata a casa e poi con i familiari dai carabinieri a presentare la denuncia. Tempi sospetti, specie in virtù di quanto sostenuto dalla donna: “La bambina è stata prelevata intorno alle ore 13 dall’asilo dalla madre 23enne Martina – ha spiegato il comandate dei Cc Rino Coppola in conferenza stampa – La signora ha riferito del rapimento intorno alle 15.30, orario in cui allerta l’ex convivente prima al telefono, poi si è recata dai genitori e con questi ultimi e venuta in caserma e ha fatto la denuncia”. Anomalie che hanno portato carabinieri e Procura a fare pressioni sulla donna. Nell’interrogatorio della notte scorsa “la madre era stata lungamente sentita” e durante un “lungo interrogatorio le erano state contestate varie incongruenze. Stamattina ha fatto ritrovare il cadavere – ha spiegato il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro – e adesso stiamo raccogliendo le sue dichiarazioni, presumibilmente confessorie”. Così è stato. L’ipotesi del rapimento, del resto, era stata già smentita dalle telecamere di sorveglianza, “nonostante una strenua difesa ad oltranza della propria versione” da parte della donna.

Secondo la Procura di Catania, del resto, “le prime risultanze investigative hanno consentito di accertare la mancata corrispondenza al vero del fatto denunciato, attesa l’assenza di gruppi ‘armati’ in via Piave nelle fasce orarie indicate”. Tradotto: del commando armato e incappucciato neanche l’ombra. Secondo il racconto della donna, il rapimento della figlia sarebbe stato “una conseguenza del comportamento dell’ex compagno, per non aver ascoltato precedenti messaggi minatori fattigli recapitare presso la propria abitazione in ragione del tentativo posto in essere di individuare il reale complice di una rapina ai danni di una gioielleria di Catania al posto del quale venne arrestato” il 15 ottobre del 2020 e “successivamente assolto nel settembre 2021 per non aver commesso il fatto“. L’uomo, Alessandro Del Pozzo, 24 anni, padre di Elena, effettivamente è già noto alla giustizia per spaccio. Ora ha una nuova compagna, di cui Martina Patti è gelosa. Una gelosia che l’ha portata a uccidere sua figlia.

Quello che è emerso dalle indagini, inoltre, è un “quadro di una famiglia non felice, in cui la gioia della figlia non ha compattato la coppia” ha detto il comandante del reparto operativo dei carabinieri di Catania, il colonnello Piercarmine Sica, che ha escluso “il coinvolgimento di altri” nell’omicidio. Il movente, ha confermato l’ufficiale, “può essere la gelosia nei confronti della nuova compagna dell’ex convivente ma anche per l’affetto che Elena mostrava nei confronti della donna”. Su questo, tuttavia, Martina Patti “non ha detto nulla. E’ rimasta sul vago, come se non si fosse resa conto di quello che ha fatto. E’ come se avesse detto ‘l’ho fatto ma non so perché'”. La situazione familiare è emersa dalle testimonianze raccolte per tutta la notte dagli investigatori, a partire da quella delle stessa Martina Patti e dell’ex compagno Alessandro Del Pozzo. E’ emerso, ha detto la Procura, “un triste quadro familiare costituito da due ex conviventi che, a prescindere dalla gestione apparentemente serena della figlia Elena, avevano allacciato nuovi legami e non apparivano rispettosi l’un l’altro”. Per tutta la notte, però, la mamma di Elena ha continuato a raccontare la sua versione – e per questo gli è stato contestato anche il reato di false informazioni al pubblico ministero – e solo nella tarda mattinata ha ceduto, quando i carabinieri “si apprestavano ad effettuare i rilievi nell’abitazione” dove Martina ed Elena vivevano.

A quel punto ha confessato l’omicidio. Che, a sentire gli inquirenti, sarebbe stato anche premeditato. Per questo motivo l’accusa contestata dalla Procura di Catania a Martina Patti è di omicidio volontario premeditato e pluriaggravato e di occultamento di cadavere. In serata sono arrivate anche le prime parole della difesa della 23enne: “È stato un interrogatorio drammatico” di una “donna distrutta e molto provata che ha fatto qualcosa che neppure lei pensava di poter fare”, agendo come se “qualcuno si fosse impadronito” di lei, dimostrandosi “tutt’altro che fredda e calcolatrice“. L’avvocato Gabriele Celesti, poi, ha anticipato la sua strategia: “Farò incontrare la mia assistita con uno psichiatra di fama per verificare le sue condizioni e dopo decideremo sulla perizia“.

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