Il “Varyag” si allontana dalla Puglia, ma i sonar della Marina restano in allerta. Perché nel Mediterraneo restano ben 18 navi militari russe e due sommergibili, un dispiegamento che – dice l’ex ammiraglio Fabio Caffio al fattoquotidiano.it – non lascia dubbi sulle intenzioni di Mosca, i cui mezzi navali “solcano le acque che sono zona economica esclusiva dell’Italia, col chiaro intento di acquisire informazioni e sfidare le forze della Nato, proprio come avveniva durante la Guerra Fredda”. Caffio, esperto di diritto marittimo e autore di analisi per Limes e Analisi Difesa, guarda alle manovre in corso con un mix di “prudenza e preoccupazione”. Da una parte, conferma che le navi russe non hanno commesso “alcuna violazione”, dall’altra che la loro presenza basta a giustificare l’allerta, per una prova di forza che “vede ovviamente l’Italia in prima linea”. Non per nulla: quella di un incrociatore a 150 miglia a sud di Taranto rievoca l’ingresso nel Golfo degli inglesi del 1940, quando prepararono da lì l’attacco che portò ad affondare tre corazzate della marina italiana. In tempi più recenti, vale a dire nel 1982, l’ingresso non autorizzato di un sottomarino che si è sempre pensato fosse russo.

Andando con ordine, che cosa succede nel Mediterraneo?
Intanto circoscriviamo lo scenario. Le navi e i sommergibili russi non si muovono nelle acque interne e territoriali ma nella “zona economica esclusiva”, cioè quell’ampia fascia che si estende anche ai confini di altri stati come la Grecia o la Libia in cui è ammesso, per convenzione, il passaggio e le esercitazioni di navi da guerra straniere. Diversamente dalle acque territoriali, dove possono transitare purché non compiano “manovre ostili”: non devono fermarsi, fare attività di rilievo, far volare aerei insomma devono solo passare da un punto all’altro.

Il dislocamento in corso è una minaccia per l’Italia?
La loro presenza è di per sé una minaccia, oltre a un’ostentazione di forza con cui Mosca vuole dimostrare che la sua forza navale non è stata fiaccata dalla guerra. Non dimentichiamo per altro che le sole navi russe che sono potute rientrare nel Mar Nero, da che la Turchia ha bandito l’ingresso sulla base della convenzione di Montreux, erano quelle di stanza a Sebastopoli. Le altre sono rimaste fuori, anche per questo il Mediterraneo pullula di loro mezzi militari.

Quali accordi regolano il transito?
Sono accordi nati dalla Guerra Fredda, quando il fatto che le flotte russa e americana si tallonassero a vicenda nel Mediterraneo rischiando incidenti era fisiologico. Nel 1972 Usa e Urss siglarono un accordo per evitare incidenti in mare durante le esercitazioni. Anche l’Italia 15 anni dopo lì ha stipulati con la Russia, tanto è vero che negli anni Ottanta non era raro vedere esercitazioni congiunte per collaudare il sistema di codici e comunicazioni necessari a evitare che dagli “incontri ravvicinati” si generassero collisioni e incidenti.

Perché l’Italia tiene la sua “zona economica esclusiva” aperta al transito di navi militari straniere?
Perché il nostro Paese si è sempre fatto portavoce di una interpretazione “aperta” della convenzione del Diritto del mare, nel senso che le navi da guerra non hanno bisogno di preventiva notifica né per passare nella zona economica né per fare esercitazioni. Da questo punto di vista, posto che le navi russe sono fuori dalle acque territoriali, non c’è da addebitargli una violazione del diritto internazionale. Al limite possiamo preoccuparci per questa nuova presenza che rappresenta una minaccia, nel senso che i russi sono alle porte di casa.

E perché gli incrociatori russi scarrocciano da queste parti?
Indubbiamente la loro presenza è una sfida, un voler rimarcare un territorio che loro sostengono che gli appartenga. Non hanno mai rinunciato al Mediterraneo. Non dimentichiamoci che hanno base in Siria a Tartus e posti di ormeggio alla fonda in Grecia e davanti alla Tunisia. Fino a qualche tempo fa facevano soste nella enclave spagnola di Ceuta, a rifornirsi. Dichiamo dunque che i russi nel Mediterraneo sono sempre stati “di casa”, a maggior ragione adesso con la guerra e la volontà di espandersi, che è anche alla base del conflitto nel Mar Nero a cercar di espugnare la costa sud dell’ucraina, Odessa. Unito al fatto che non hanno mollato la Siria. Insomma la presenza russa è una massiccia e costante. A meno di un collasso, per cui si ritirano nel mare di casa, tutto lascia intendere che difficilmente molleranno la presa.

E la Marina italiana che fa?
Esiste un tema di rispetto dei limiti delle acque territoriali ma anche di attività che vi si possono fare. Insieme a motivi di posizionamento geo-strategici e militari c’è anche un tema di acquisizione di informazioni. Una sorveglianza delle capacità di reazione, dei movimenti della flotta della Nato e della Marina Italiana, visto che l’Italia ha un ruolo di primo piano nel sostengo all’Ucraina e deve difendere la propria sovranità territoriale. Sono certo che lo facciamo dislocando quanto necessario. Sorvegliando e pattugliando le zone più sensibili. Abbiamo mezzi, reti radar, sensori aerei per monitorare la situazione. E sappiamo che la minaccia può comparire da un momento all’altro come fu per il sottomarino a Taranto.

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