Troppe opere molte delle quali inutili, costi alle stelle, nessuna analisi costi-benefici, semplificazioni ammazza-ambiente e commissari che da straordinari diventano ordinari fanno solo pensare che tra qualche anno saremo punto e a capo. Ci saranno più infrastrutture incomplete, altri debiti da ripagare, ma i meccanismi di gestione e di manutenzione dei maggiori enti di spesa, RFI e Anas, lasceranno inalterate le condizioni della mobilità del nostro Paese.

Abbiamo già chilometri e chilometri di reti (ferrovie e strade) e miriadi di punti di rete (aeroporti e porti) inutilizzati. C’è da chiedersi perché servono 73 opere commissariate (alcuni commissari ne gestiscono più di una) per realizzare le opere previste dal Pnrr e per sboccarne di vecchie.

Su quali poteri potranno contare i commissari straordinari per sbloccare opere pubbliche da tempo ferme a causa di ritardi legati alle fasi progettuali ed esecutive nonché alla complessità delle procedure amministrative? Non bastano quelli che hanno già in quanto dirigenti di RFI o Anas? Basta vedere chi sono i commissari per rendersi conto infatti che sono manager o alti funzionari (alcuni peraltro indagati o rinviati a giudizio) delle medesime aziende che dovrebbero realizzare le opere da esse stesse progettate. I dirigenti che non riescono a realizzare le opere e a gestire efficientemente le loro aziende, RFI e Anas, diventano dunque commissari di se stessi.

Anziché adeguare e riorganizzare RFI e Anas trasformandole in aziende moderne, il governo preferisce abdicare ai suoi poteri di controllo sulla gestione e sulla qualità delle spese, burocratizzando l’iter commissariale e mostrandosi privo di una strategia di ammodernamento dei settori stradali e ferroviari (digitale, progettuale, esecutivo).

Perché, poi, non si è avuto il coraggio di definire delle priorità, evitando lunghi elenchi di spesa a pioggia e definendo tutto “strategico” (parola magica priva di motivazioni)?

Le attività e i compiti dei commissari sono regolati da un corposo decreto di 23 articoli del settembre scorso, a firma del ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Nell’art. 1 viene definita la composizione di una immancabile Commissione Tecnica PNRR-PNIEC. Nel secondo e nel terzo si elencano i compiti, l’articolazione e l’organizzazione della Commissione, e successivamente gli Obblighi del Commissario.

Esso è tenuto (e ci mancherebbe) ad assicurare la propria presenza, anche per via telematica, alle riunioni; a svolgere i compiti affidati con diligenza professionale secondo i principi di autonomia tecnica e intellettuale, trasparenza e qualità della prestazione; ad osservare le linee guida adottate dal ministero, in particolare gli “indirizzi metodologici nei provvedimenti di valutazione ambientale di competenza statale” (ecco le paroline ammazza-ambiente); infine di dotarsi e comunicare un indirizzo di posta elettronica certificata personale alla Direzione generale (eh, sì: deve lasciare la propria mail).

L’art. 5 prevede la nomina di un presidente della Commissione Tecnica, che monitora, avvalendosi dei coordinatori delle Sottocommissioni (immancabili), lo stato di attuazione delle procedure, al fine di garantire il rispetto delle tempistiche stabilite dalla normativa; forma un elenco di Gruppi Istruttori sulla base delle competenze necessarie richieste per lo svolgimento delle specifiche e diverse istruttorie di valutazione ambientale; comunica alla Direzione generale la necessità di eventuali dilazioni rispetto alle tempistiche fissate dalla normativa vigente per l’emissione dei pareri di competenza, evidenziandone i motivi; affida a uno o più Commissari lo studio di questioni di particolare criticità (e qui arrivano le consulenze); informa periodicamente il ministro e la Direzione generale sulle attività istruttorie della Commissione.

L’art. 7 prevede un’Assemblea Plenaria. Essa è costituita da tutti i Commissari in carica, da uno dei rappresentanti del ministero della Cultura e da uno dei Referenti regionali, in relazione alle materie oggetto di trattazione, e approva i pareri di cui all’art. 15 del decreto istitutivo.

Alla fine se ci sarà una fase “riorganizzativa” sarà quella del ministero, che invece dovrebbe essere di controllo e di pianificazione vincolante badando al contenimento della spesa, alla tutela ambientale, all’efficienza e all’utilità delle opere realizzate. L’articolato del decreto non è ancora finito, e non si escludono altre sorprese.

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