C’è una partita che nessuno racconta, nella campagna elettorale di Verona. Perché è scomoda. Perché non ha ancora originato inchieste penali significative o non ne ha avviato alcuna. Perché la città scaligera non ama gli scandali, anche se dai tempi lontani delle “siepi d’oro” (pre-Tangentopoli), di Ca’ del Bue e dello stesso vicesindaco Vito Giacino, non si è fatta mancare nulla. Il fatto è che se le stanno suonando di santa ragione, a colpi di carte bollate, il sindaco uscente Federico Sboarina (Fratelli d’Italia), 51 anni, e l’ex sindaco Flavio Tosi, 52 anni, (ex segretario della Lega in Veneto). Sono due dei tre concorrenti più accreditati nella corsa a Palazzo Barbieri e stanno duellando sul tema della legalità e della trasparenza.

La coppia Sboarina-Tosi non si è mai amata, anche se il primo fu assessore allo sport (2007-2012) nel mandato d’esordio dell’allora leghista. In questi cinque anni hanno dato vita a un conflitto permanente, in cui l’avvocato riveste il ruolo del detentore del potere, mentre Tosi, conoscendo alla perfezione la macchina amministrativa, sfrutta il contro-potere per cercare di mettere in difficoltà l’avversario, che in genere ignora le provocazioni. L’entourage del sindaco fa sapere: “Fuffa, stronzate, fake news messe in giro da Tosi e dai suoi amici”.

È stato Sboarina a dar fuoco alle polveri, un paio d’anni fa, querelando per diffamazione Tosi e alcuni esponenti politici locali. Il processo è in corso e riguarda la condivisione di un post in cui si insinuavano interessi privati del primo cittadino in un accordo del Comune con il gruppo Coin per far sistemare piazza Capretto, dove Sboarina aveva comperato un lussuoso appartamento vicino alla Casa di Giulietta. Al grande magazzino andava l’utilizzo di un porticato, in cambio di soldi e di lavori in un angolo suggestivo a due passi dalle Piazze. La querela ha avuto un effetto: ha acceso un faro sull’affare immobiliare del sindaco-avvocato, su cui si sono addensate nuvole giornalistiche, ma non giudiziarie, dopo un esposto dell’avvocato Michele Croce, ex presidente della municipalizzata Agsm. Quest’ultimo additava presunte manovre opache in un complicato contenzioso civile che riguardava altri soggetti e che aveva visto, alla fine, Sboarina acquirente di un immobile di 200 metri quadrati per un prezzo sicuramente conveniente. La denuncia in Procura di Croce (che ora appoggia Tosi con la lista Prima Verona) finora non ha avuto risultati noti, nel frattempo Sboarina ha venduto l’appartamento, traslocando.

Tosi non ha mollato l’osso. Ad esempio, ha chiesto (per interposto consigliere) alle Funivie del Baldo, in nome della trasparenza, le carte relative a parcelle per 97mila euro che Sboarina ha ricevuto (14mila euro nel 2020, 45mila euro nel 2019, 14mila euro nel 2018, 23mila nel 2017) come consulente della società anche all’epoca in cui ne era presidente Daniele Polato (FdI), oggi consigliere regionale, già assessore di Sboarina fino al 2020 quando è stato il più votato di FdI in Veneto. Polato è stato condannato (un anno con la condizionale, finora solo in appello) per una vicenda di firme false elettorali a sostegno di una lista di Forza Nuova. Gli affidi delle consulenze ora dovranno essere resi pubblici, lo ha deciso a metà maggio il Tar. Tosi gongola, anche se la questione morale, in questa città, non sembra essere un fattore decisivo.

La società della funivia aveva sostenuto che il ricorrrente, il consigliere Zeno Falzi, “avrebbe agito per conto di un diverso soggetto, candidato sindaco in contrapposizione all’avvocato Sboarina, sindaco uscente, e non per un interesse proprio”. Siamo alle torte in faccia. Il Tar ha però stabilito: “Le dichiarazioni provenienti da tale soggetto terzo (Tosi, ndr), che parrebbe avocare a sé la sostanziale paternità dell’iniziativa, non consentono di porre in dubbio la pertinenza della richiesta formulata dal consigliere provinciale”. La decisione è bastata a Tosi per emettere un comunicato velenoso: “Sboarina e le mega-consulenze per il Baldo: il Tar conferma la poca trasparenza, la Procura indaga. Tra il sindaco e il presidente di Funivie, strano incrocio di consulenze…”. Allude al fatto che l’avvocato Piergiorgio Schena sia anche consulente della Fondazione Arena, di cui Sboarina è presidente. Ulteriore affondo di Tosi: “Sboarina parla di trasparenza e legalità, ma non spiega quei centomila euro di consulenze, né la fortunata vicenda della sua bella ed elegante casa (rivenduta qualche mese fa) pagata meno della metà del suo valore, ovvero 450mila euro”.

Finito qui? Non proprio. Nel 2019 Tosi inviò un esposto alla Procura relativo all’assegnazione diretta e gratuita da parte del Comune della gestione del Centro Sportivo De Stefani (5 campi di calcio a cinque, di cui due coperti e uno con tribuna, piastra polivalente, bar e palazzina) alla società Coordinamento Servizi per lo Sport che fino al 2018 lo aveva gestito pagando un canone annuo di 90mila euro e che aveva accumulato debiti per oltre 100mila. Poi tre aste per il rinnovo erano andate deserte, finché c’è stata l’assegnazione diretta, motivata dalla necessità di non chiudere l’impianto. In scia si è messo anche il Pd, che si è rivolto alla Corte dei Conti ravvisando un possibile danno all’erario per 600mila euro in quella concessione gratuita. In piena campagna elettorale i carabinieri sono andati in municipio e hanno prelevato documenti per ordine del pm Elisabetta Labate.

L’ultima grana della giunta è in realtà un mistero. A dicembre, dopo una furiosa litigata tra assessori riuniti, Andrea Bassi (edilizia privata) si era dimesso, “a testa alta e con la coscienza pulita per motivi personali”. In realtà aveva avuto uno scontro durissimo con l’assessore leghista Filippo Rando, a causa di una delibera per l’assegnazione di finanziamenti a società sportive veronesi. Ed è a quella che si riferirebbe la “coscienza pulita” di Bassi, il quale ora conferma: “L”oggetto della discussione fu l’elargizione di contributi economici. Fu uno dei gruppi di maggioranza a chiedere il mio allontanamento“. Altrimenti minacciavano la crisi.

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