Nel 1945 il governo americano di Harry Truman, quando ormai la guerra contro il Giappone stava finendo a favore degli americani, stimò che l’invasione finale del Giappone sarebbe costata tra 400-800 mila morti americani e che perdite nipponiche sarebbero state tra i 5-10 milioni. Così Truman, per evitare perdite e morti inutili, decise di sganciare due bombe atomiche il 6 agosto a Hiroshima e il 9 agosto a Nagasaki. I morti furono immediatamente circa 200 mila – quasi tutti civili innocenti – e poi molte decine di migliaia per effetto delle radiazioni e delle ferite. Il 15 agosto, sei giorni dopo Nagasaki, l’imperatore Hirohito firmò finalmente la resa incondizionata.

L’atomica è già stata usata e potrebbe essere usata ancora, e questa volta in Europa. Se il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, sollecitato e supportato dall’amministrazione americana, rifiutasse ogni compromesso e, grazie al patriottismo dei suoi soldati e alle tonnellate di armi americane e in parte europee, volesse continuare all’infinito la guerra con la Russia che ha invaso illegittimamente il suo Paese, allora Putin, una volta consolidata la sua vittoria nel Donbass e in Crimea, per mettere fine alla sua cosiddetta “operazione speciale” potrebbe decidere di sganciare su una grande città ucraina una bomba atomica tattica.

L’Ucraina – dopo altre centinaia di migliaia di morti – dovrebbe allora accettare una resa incondizionata su tutti i punti imposti dal Cremlino. Questa è una ipotesi tutt’altro che remota. Avril Haines, direttrice dell’intelligence americana, ha già avvertito che il conflitto tra Ucraina e Russia potrebbe prendere “una traiettoria ancora più imprevedibile e potenzialmente in escalation”, con la maggiore probabilità che la Russia possa minacciare di utilizzare armi nucleari.

Se l’atomica russa scoppiasse la Nato non interverrebbe. Se gli Usa e la Nato si intromettessero scoppierebbe una Apocalisse, un conflitto atomico mondiale. Tutto questo significa che è arrivata l’ora di proporre serie trattative di pace prima che si arrivi alla catastrofe in l’Ucraina, in Europa e in tutto il mondo. I compromessi tra le parti dovranno riflettere i rapporti di forza sul campo. I fatti sono questi: l’Ucraina sta resistendo valorosamente, la Russia ha pagato la sua aggressione illegittima e illegale con migliaia di soldati morti e dure sanzioni, ma ha consolidato l’annessione della Crimea e sta occupando il Donbass. La Nato ha acquistato nuova forza e legittimità: due importanti e ricchi stati confinanti con la Russia, la Svezia e la Finlandia, hanno chiesto l’adesione alla associazione militare guidata dagli americani. In un certo senso quindi pure la Nato risulta vincitrice – anche se la Turchia si oppone all’associazione formale dei due stati del nord Europa alla associazione atlantica.

Gli Usa di Biden – che pure ha chiarito fin dall’inizio che non sarebbe intervenuto direttamente nel conflitto – hanno dimostrato alla Russia la loro grande potenza militare. Gli Stati Uniti hanno fatto pagare caro a Putin la decisione di invadere l’Ucraina, e hanno potuto ergersi ad alfiere del diritto internazionale e della democrazia universale, nonostante l’avversione delle nazioni emergenti dopo le drammatiche avventure belliche e le sconfitte in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, nei territori curdi e così via.

A questo punto occorrerebbe prendere atto della realtà. Sembra che la Russia di Putin – dopo avere subito molte perdite e dopo avere dovuto forzatamente rinunciare al cambio di regime a Kiev e alla conquista dell’intera Ucraina – stia raggiungendo il suo obiettivo minimo di base: la conquista del Donbass con forte presenza russofona. La guerra è ormai diventata interamente una guerra per procura, tra Usa e Russia. La realtà è che l’Ucraina è diventata una pedina di un gioco molto più grande. E l’Europa è dentro a questo gioco perverso: sta soffrendo una gravissima crisi energetica ed economica per tentare di divincolarsi dagli approvvigionamenti russi (senza peraltro riuscirci). Soprattutto, l’Europa sta correndo il pericolo concreto di una guerra nucleare. L’America invece guadagna in campo energetico, economico e strategico dal conflitto europeo senza correre nessun rischio.

La Russia ha perso l’Ucraina e ha guadagnato solo il Mar Nero. La Crimea abitata a grande maggioranza da russi e da russofoni ha votato a stragrande maggioranza per l’annessione alla Russia e secondo le regole del diritto internazionale può reclamare il diritto all’autodeterminazione dei popoli; le regioni del Donbass, dove esistono minoranze oppresse russe e russofone, sono ormai quasi del tutto occupate dai carri armati di Putin. Una vittoria campale dell’esercito ucraino su tutto il fronte del Donbass appare improbabile, e, se accadesse, allora il rischio nucleare tattico diventerebbe concreto.

Lo scenario è ancora più ampio. Gli Usa di Donald Trump hanno denunciato i trattati atomici esistenti in Europa con la Russia e Joe Biden ha risposto picche alle richieste russe di trattare nuovi accordi per l’Europa sul nucleare. Come afferma giustamente Papa Francesco, Nato e Usa hanno abbaiato di fronte alla porta di casa della Russia. In questo contesto l’Unione Europea non ha finora avuto nessuna voce in capitolo sul nucleare in Europa. Per trovare una pace onorevole occorre prima di tutto prendere atto della realtà dei rapporti di forza. E occorre che la Ue, e soprattutto i governi di Germania, Francia, Italia e Spagna, abbiano una voce sola con gli Usa e nella Nato per rappresentare gli interessi europei di fronte all’avversario russo.

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