È finalmente arrivato il testo finale della delega fiscale, attesa in aula alla Camera il 20 giugno dopo il faticoso accordo di maggioranza su catasto e tassazione delle rendite. Dal testo coordinato dell’accordo, che verrà votato nella commissione Finanze sotto forma di emendamento del presidente e relatore Luigi Marattin (Iv), è scomparso come da intese il riferimento al “valore patrimoniale“. Che però rientra dalla finestra, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it, rendendo del tutto di facciata la rivendicata “vittoria” del centrodestra. Per quanto riguarda la tassazione delle rendite, invece, il governo ha ceduto alle richieste di Lega e Forza Italia facendo marcia indietro sul previso approdo al modello duale e rinunciando platealmente al riordino del sistema. Tra le altre novità si segnala il riferimento alla piena utilizzazione delle banche dati, anche con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, in chiave antievasione.

La soluzione sul catasto – Rispetto alla versione iniziale viene cancellato il richiamo al “valore patrimoniale” delle case ma resta l’indicazione che – accanto alla rendita catastale cui è legata la tassazione – dovrà essere attribuita anche un’ulteriore rendita calcolata in base ai criteri del Dpr 138 del 1998. E quel decreto consente revisioni delle tariffe d’estimo con riferimento “ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare”. Nel merito, quindi, nulla cambia. In più chi accede alla banca dati catastale potrà avere accesso ai dati dell’Osservatorio Omi dell’Agenzia delle Entrate che dà conto dei prezzi minimi e massimi delle compravendite nella zona in cui si trova un determinato immobile, a seconda di metri quadri, tipologia e stato.

Le informazioni frutto della riforma del catasto saranno disponibili come è noto solo dal 2026 e non potranno essere usate “per la determinazione delle agevolazioni e dei benefici sociali“, formula che sostituisce l’originaria “per finalità fiscali”. All’articolo 6 vengono poi aggiunti due commi: una quota dell’eventuale maggiore gettito derivato dall’emersione di immobili fantasma è destinata alla riduzione dell’Imu, con priorità ai comuni dove si trovano gli immobili. Inoltre verranno previsti procedimenti amministrativi semplificati e modalità di collaborazione tra i Comuni e l’Agenzia delle entrate, affidando a quest’ultima anche i compiti di indirizzo e coordinamento.

La marcia indietro sulle rendite: Leu contraria – Per quanto riguarda la tassazione delle rendite, invece, il governo ha ceduto alle richieste del centrodestra: all’articolo 2 sfuma l’approdo a un modello compiutamente “duale in cui i proventi da lavoro sono tassati in maniera progressiva (in base agli scaglioni Irpef) mentre a quelli che derivano dalla messa a frutto del capitale viene applicata un’unica aliquota proporzionale. Le attuali cedolari come quella al 21% sugli introiti da locazioni o l’aliquota agevolata al 12,5% sui proventi da titoli di Stato e buoni postali resteranno in vigore, con buona pace del riordino del sistema: molte rendite continueranno ad esser tassate meno degli stipendi. Per i regimi di tassazione del risparmio la delega si limita a chiedere una “progressiva armonizzazione“, prevedendo che operi “esclusivamente con riferimento ai redditi prodotti dopo l’entrata in vigore dei decreti delegati”. Leu ha fatto sapere che non voterà questa parte del testo perché, ha spiegato la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra, “cristallizza le ingiustizie“: le diverse tipologie di reddito rimangono assoggettate ad aliquote diverse (e quello da lavoro dipendente e pensione resta il più penalizzato).

Fra le modifiche rivendicate dall’ala sinistra della maggioranza c’è in compenso l’inserimento, all’articolo 1, di un riferimento al “rispetto del principio di equità orizzontale“. Nell’articolo successivo resta la previsione di una riduzione graduale delle aliquote medie effettive derivanti dall’applicazione dell’Irpef, ma con l’aggiunta che l’operazione dovrà “partire da quelle relative ai redditi medio-bassi” anche per incentivare l’offerta di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro, “con particolare riferimento ai giovani e ai secondi percettori di reddito, nonché l’attività imprenditoriale e l’emersione degli imponibili”.

La lotta all’evasione – Tra le altre modifiche va segnalato l’inserimento all’articolo 1, su proposta del Tesoro, di un criterio direttivo in base al quale i decreti attuativi (che il governo dovrà approvare entro 18 mesi dal via libera alla delega) dovranno puntare a combattere l’evasione e l’elusione fiscali anche attraverso “la piena utilizzazione dei dati che affluiscono al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, il potenziamento dell’analisi del rischio, il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale.

“Scivolo” per chi esce dalla flat tax – La flat tax non viene cancellata, ma il testo che recepisce l’accordo prevede che chi passa dal regime di tassazione forfettario a quello ordinario “per i due periodi di imposta successivi al passaggio” si vedrà applicata “un’imposta opzionale e sostitutiva delle imposte sui redditi“, destinata ai liberi professionisti “che, nell’anno precedente, hanno conseguito ricavi o hanno percepito compensi non superiori a una soglia da determinare con i decreti legislativi”. L’ultimo articolo contiene una ‘clausola di salvaguardia’, in cui si chiarisce che “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e non deve derivare un incremento della pressione tributaria rispetto a quella derivante dall’applicazione della legislazione vigente”.

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