Da piccolo guardavo la mela che Geppetto consegnava a Pinocchio per la maestra, bella che nemmeno quella di Biancaneve (la mela, la maestra chissà). Mela splendida e lucente, metteva gola. La immaginavo sulla cattedra fra altri frutti, uova, una gallina, un cesto di ortaggi, tutti doni per lei. Pensavo fosse una bella cosa. Poi son diventato papà e i colloqui e i consigli di classe in “chat” mi hanno aperto gli occhi. Lì ho capito il senso della mela per Geppetto, che Pinocchio se era per lui manco ci pensava (e infatti s’è filato altrove). La mela di Geppetto sta alla maestra come il “pensierino” sta al genitore odierno: un atto di forzato spontaneismo del fanciullo.

L’ostinata aspirazione del genitore compulsivo che vuole a tutti i costi riconoscere all’insegnante un premio, tanto più infiocchettato sarà il premio tanto più il genitore estremo brillerà di luce riflessa, nel tripudio dei ringraziamenti dei comuni mortali che non hanno avuto la prontezza di esibirsi altrettanto generosi. Detto questo: in linea di massima ai bambini, come ai ragazzini, di queste menate non frega una cippa: pensierini, regalini, cuoricini, cene, festine… a loro basterebbe stare insieme, ma questo bastarsi è insufficiente al genitore integralista che gode in chat di una sequela di ringraziamenti conditi da icone zuccherate. E’, in altre parole, il senso dell’inutile elevato a gratitudine ingiustificata, quel godere sadico dell’infierire per l’ennesima volta col cilicio della questua di fine anno, l’uso del figlio per lustrarsi l’ego.

Anni di pedagogia dell’agonia ruffiana e nessun criminologo che abbia inquadrato il fenomeno in un saggio di denuncia. Lo so, ci son problemi più seri, tipo quello di voler pagare la cena al prof di musica che quest’anno ti ha fatto lezione sulla compilazione del borderò o quello di ginnastica che ti ha fatto teoria di scacchi quando fuori c’era il sole… Allora lancio un appello a tutte e tutti le/gli insegnanti: rifiutate questa pratica, insegnate qualcosa anche ai genitori!

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