Don Andrea diceva che c’era il Vangelo secondo De André ma io dico che c’era anche il Vangelo secondo don Gallo”. A nove anni dalla scomparsa del prete “anarchico”, a ricordarlo per ilfattoquotidiano.it sono le parole di Dori Ghezzi, cantante e moglie di Fabrizio De André, con i quali il prete genovese aveva stretto un legame particolarmente affettuoso. Tutti ricordano il tributo a De André, a cui parteciparono i big della canzone, con in platea gli ultimi di don Gallo. Lui stesso raccontò: “Dori Ghezzi riservò 250 posti per me, e io mi presentai a teatro coi miei derelitti. Li feci sedere in platea, tre qui, due là, tossici, barboni, prostitute accanto a notai, dame e politici”. La cantante non ha mai dimenticato quella serata: “Avevamo deciso insieme di dare spazio ai senza tetto, ai rom, agli emarginati che si sedettero accanto alla ministra della Cultura Melandri e ad altri. Non solo. Quelle persone che avevano la possibilità, quella sera, di rivendere il loro biglietto ai tanti che volevano entrare, non lo fecero tenendosi ben stretto quel dono che avevamo fatto loro. Fu una serata irripetibile”.

Dori Ghezzi fatica a credere che siano già passati nove anni dalla morte di don Andrea. Quel 22 maggio lo ricorda molto bene e non nasconde un filo di nostalgia: “Le sue fotografie sono sempre qui davanti a me, ci aiuta anche così, la sua è ancora una presenza, non un’assenza. Ho avuto molti amici illustri ma lui, così come Fernanda (ndr Pivano) avevano una generosità eccezionale. Mi hanno sempre sostenuta in un modo unico ed importante nei momenti in cui ho avuto bisogno”. Un rapporto, quello tra la compagna di De André e il prete “di strada” che è diventato ancora più stretto dopo la morte del marito l’11 gennaio 1999: “Vivendo in parte in Sardegna, in parte a Milano, prima della scomparsa di Fabrizio, ci si vedeva poco ma il legame tra i due c’è stato da sempre. Si sono conosciuti grazie al fratello del Gallo che insegnava nel liceo di Fabrizio. E’ stato lui per primo ad accennargli che c’era a scuola un ragazzo speciale, che faceva particolari domande sulla fede”.

Il don e Faber “si trovavano bene insieme”, racconta Dori. “Fabrizio gli diceva spesso che lo ringraziava perché non aveva fatto nulla per costringerlo a guadagnarsi il paradiso. La pensavano allo stesso modo: non erano indottrinati. I valori che condividevano nascevano dentro la loro anima ed erano il rispetto per la vita e per la gente”. Dori Ghezzi sottolinea un aspetto che chi ha conosciuto don Andrea ha avuto modo di toccare con mano: “La sua forza era la persuasione. Non costringeva nessuno a comportarsi in un certo modo ma l’autostima che sapeva creare in chi aveva davanti portava le persone, soprattutto i più fragili, a non farsi del male”. Non manca un accenno all’ironia di don Andrea: “Era solito dire – narra Dori Ghezzi – che non sarebbe mai potuto diventare Papa perché papa Gallo sarebbe suonato male”. Nove anni senza don Andrea, per chi lo ha conosciuto alla Comunità di San Benedetto al Porto ma anche per i tanti che lo hanno ascoltato in uno degli innumerevoli incontri che ha fatto in ogni parte d’Italia senza mai dire un “no” a chi lo invitava, sono tanti ma l’immagine di quel prete con il cappello nero, con il toscano in bocca mentre sventola la sciarpa rossa, la bandiera della pace o canta “Bella ciao” è nel cuore di tutti: “Quello che più mi manca – dice la cantante – è come per Fernanda, il loro modo di concepire la vita, di dare le giuste dimensioni ad ogni cosa”.

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