A quasi due giorni dalla fine dell’adunata degli alpini a Rimini, le oltre 150 segnalazioni di molestie raggiungono anche i tavoli della politica. Ci sono volute ben più di 24 ore perché il ministro della Difesa Lorenzo Guerini decidesse di prendere posizione, nel silenzio dei leader nazionali e l’imbarazzo delle istituzioni locali. Ma di fronte alle decine di storie raccolte dalle femministe di Non una di meno e riportate dai giornali, l’esponente del governo ha diffuso una nota e superato di fatto la stessa Associazione nazionale alpini. “I comportamenti raccontati da alcune donne sono gravissimi. Episodi che certamente andranno accertati dagli organi competenti, ma che non possono e non devono essere sottovalutati”, ha dichiarato. “È sbagliato fare generalizzazioni, ma allo stesso tempo non ci deve essere nessuna tolleranza“. Una prima ammissione del problema, avvenuta proprio mentre l’Ana diffondeva un comunicato surreale che invece se la prendeva con gli “infiltrati con cappello taroccato“. Ma l’operazione volta a screditare le testimonianze, solo perché non hanno sporto denuncia, è fallita molto presto: la strategia è crollata sotto il peso delle decine di storie, tutte simili e ben circostanziate, che stanno emergendo in queste ore.

All’associazione degli alpini ha poi replicato, proprio su questo punto, anche la vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein. Che per prima ha sdoganato il concetto che non ci si può basare solo sulle denunce formali. “Le segnalazioni”, ha detto, “devono essere prese sul serio anche quando non prendono la forma di una denuncia alle forze dell’ordine, spesso le donne non denunciano perché temono di non essere credute”. Invece, proprio su questo punto si è costruita la difesa degli alpini che sono arrivati a sminuire i fatti parlando di “maleducazione fisiologica”. “Chi ha segnalato ha bisogno del supporto delle istituzioni“, ha continuato Schlein. “Non si tratta di episodi di maleducazione o di ubriachezza: queste sono molestie. E troppo poco si è capito che il problema è molto più profondo, è anche culturale”. Poco prima aveva parlato anche la vicesindaca di Bologna Emily Clancy, esponente della stessa corrente di Schlein: “Molto gravi le testimonianze che stanno emergendo. Parimenti grave è volutamente ignorare denunce di questo calibro, anziché approfondirle“.

E se gli alpini chiedono le denunce prima di intervenire, presto saranno accontentanti perché qualcosa si è già mosso proprio dal punto di vista legale. Se in un primo momento sembrava molto complesso riuscire a procedere con le denunce, Non una di meno Rimini ha fatto sapere che “alcune donne hanno deciso di denunciare e ci hanno contattato per chiedere il nostro supporto che non tarderà ad arrivare”. Per questo, hanno annunciato “ci stiamo attivando tramite nostri avvocati di fiducia e per accompagnare in questura chiunque ne faccia richiesta”. Le denunce “possono essere una leva in più perché le molestie che si ripetono ad ogni adunata non possano passare sotto traccia come accaduto in passato”. E per “portare attenzione sulla problematica cultura machista e patriarcale in cui viviamo, che minimizza il cat-calling e le molestie che sono la solida base della piramide della violenza”. Quindi Nudm ha ribadito l’appello che sta facendo da giorni perché si rompa il silenzio generale: “Chiediamo alle istituzioni di prendere parola e dare una risposta chiara e solidale a tutte le cittadine coinvolte in questi tristi episodi”.

Intanto però, c’è chi insiste nel chiedere di fare “distinguo“. Il primo è il sindaco dem di Rimini Jamil Sadegholvaad che, dopo i post celebrativi del weekend per la “buona riuscita della manifestazione” (e presumibilmente per i grandi incassi), oggi è tornato a parlare chiedendo prudenza. “Non si può sottovalutare” ma “al tempo stesso non possiamo generalizzare per tutti gli alpini”, ha detto. Non a caso proprio la sua vicesindaca Chiara Bellini, già sabato scorso, aveva stigmatizzato i singoli casi, chiedendo all’organizzazione di tenere a bada i propri uomini, ma aveva anche chiesto di non accusare tutti in maniera indiscriminata. Oggi Sadegholvaad lo ha ribadito: “Non possiamo essere accondiscendenti in alcun modo con chi ha molestato una donna, anche solo verbalmente”. Però “non si può generalizzare come se tutti gli alpini fossero dei molestatori. Ho visto decine di migliaia di persone perbene che con la loro allegria hanno invaso la nostra città”.

Imbarazzo e (in parte) retromarcia da parte invece di Matteo Salvini. Il leader leghista è stato tra i primi politici a parlare nelle scorse ore: su Facebook aveva rilanciato un articolo sulle denunce e il commento provocatorio “Viva gli alpini“. Oggi, dopo che gli hanno fatto notare i suoi proclami contro stupri e violenze sessuali (“Ma non era tolleranza zero?”, ha scritto su Twitter la dem Laura Boldrini), ha in parte rettificato: “Giusto condannare episodi di molestie o maleducazione, se sono stati segnalati (anche se all’Ana non risulta depositata alcuna denuncia)”, ha detto. “Scorretto e indegno invece additare il glorioso corpo degli Alpini”. E ancora: “Se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi, ma giù le mani dalla storia, dal passato e dal futuro degli Alpini”. Più scatenati i parlamentari leghisti, che ci hanno tenuto a far sapere che erano presenti in 20 e che non hanno visto niente: “Non ci sono giunte nemmeno lontanamente segnalazioni di questo tipo. Nemmeno una”. E’ sembrata più netta la leader Fdi Giorgia Meloni, seppur preoccupata di tutelare l’onore degli alpini: “Ci auguriamo che sia fatta tempestivamente luce su quello che è accaduto”, ha detto, “perché la criminalizzazione dell’intero Corpo è inaccettabile. Se a Rimini qualcuno si è permesso di macchiare la divisa che indossa con comportamenti offensivi o addirittura compiendo dei reati deve essere punito e perseguito secondo la legge. E senza fare sconti”. Ma, ha chiuso, “nessuna deve permettersi di generalizzare e offendere le Penne nere”.

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