Dall’inferno a Mariupol ai missili sui monti Carpazi. È la storia di Maryna e delle sue figlie: sono salite sul treno che da Leopoli, estremo occidente dell’Ucraina, le avrebbe portate in Polonia. Poi, a bordo di un autobus, avrebbero raggiunto Zurigo, in Svizzera. Lei, quarant’anni appena passati, ha una figlia quasi maggiorenne e due più piccole – comunque sopra i 10 anni – e soprattutto una quarta figlia in grembo e una gravidanza in fase molto avanzata. Vivevano a Mariupol, la città più martoriata dal conflitto e oggi al centro di una sanguinosa battaglia finale.

Meno di due settimane fa la possibilità di andarsene: “Siamo riuscite a salire su uno dei convogli di civili che lasciavano la città. Temevamo di non farcela, i combattimenti e le distruzioni sempre più vicine a dove abitavamo”, racconta. “Adesso so davvero cosa significa la guerra. Dal 2014 ci sono state tensioni, ma nulla è paragonabile a quanto sta accadendo adesso. Prima siamo rimaste tappate in casa e poi ci siamo protette in un luogo più sicuro. Non so cosa stia accadendo ora, ma di sicuro qualcosa di molto brutto. Mio marito? Preferisco non parlarne”. Da oltre due mesi il flusso degli sfollati interni e dei profughi avviene attraverso due canali ormai consolidati in Ucraina: a sud attraverso Odessa e il confine moldavo, a ovest verso Leopoli e l’area delle quattro frontiere, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania. Maryna ha scelto la seconda, inizialmente non per uscire dal paese, ma per trovare rifugio presso dei conoscenti.

Missione finale la regione montuosa della Zakarpatia: “Pensavamo di poterci riprendere dall’angoscia delle settimane precedenti e invece nel pomeriggio un missile è stato lanciato dai russi anche in quel territorio, non distante da dove eravamo noi. Sono state le mie figlie a dire ‘Mamma basta con bombe e paura, andiamocene da questo paese per ora’”, aggiunge Maryna, parlando dell’ordigno caduto nei pressi della stazione di Volovets, cento chilometri a est di Uzgorod, il capoluogo della regione. “Ne avevo abbastanza anche io. In poche ore ho organizzato la partenza con l’obiettivo di andare in Svizzera dove abbiamo dei parenti. Ho messo le figlie su questo treno, destinazione Przemysl (la prima città polacca dopo il confine occidentale ucraino, ndr) per poi raggiungere Cracovia e da lì proseguire. I problemi non finiscono mai. Non ne posso davvero più”. La violenza russa anche sulle aree centrali e occidentali ha colpito diversi obiettivi, civili e infrastrutturali. Oltre al missile in Transcarpazia, ieri altri ne sono caduti a Leopoli e soprattutto sulla rete ferroviaria. Ci sono state, complessivamente, alcune vittime e diversi feriti, oltre ai danni alla circolazione dei treni. Almeno una quarantina i convogli bloccati a lungo e costretti a ritardi fino a otto ore in tutto il Paese. Sei le stazioni interessate. La città di Leopoli, di nuovo sotto attacco, è rimasta parzialmente al buio: senza elettricità almeno 250mila persone.

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