L’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) cambia volto, con la politica che ha deciso di assumere il controllo diretto di un settore strategico non solo dal punto di vista economico. La svolta è arrivata il 30 aprile con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (con validità dal primo maggio) del riordino dell’ente nato nel 1988. All’epoca, l’Asi aveva il compito di predisporre e attuare la politica aerospaziale del Paese: oggi questo compito passa a Palazzo Chigi, visto che con il provvedimento in questione sono affidati alla presidenza del Consiglio “i poteri di indirizzo, coordinamento, programmazione e vigilanza”, mentre al ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) sono garantiti poteri di indirizzo strategico sull’attività di ricerca scientifica. Tradotto: la ricerca ai ricercatori, la strategia (e i soldi) alla politica. Obiettivo del provvedimento, si legge, è “garantire semplificazione, maggiore efficienza e celerità d’azione nella realizzazione degli obiettivi di transizione digitale fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Il provvedimento non lo ricorda, ma per lo spazio nel Pnrr sono stati stanziati oltre 4 miliardi di euro.

Nelle misure, contenute nell’articolo 30 della Gazzetta Ufficiale del 30 aprile, viene inoltre inoltre istituito un Fondo di finanziamento per Asi di 499 milioni di euro, sotto il controllo della Presidenza del Consiglio, a decorrere dal 2022, destinato alla copertura delle spese di funzionamento e gestione dell’Asi che comprende anche i programmi di collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Non solo. Con il riordino dell’Agenzia spaziale italiana, le azioni del Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (Cira) possedute da Asi vengono trasferite a titolo gratuito al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Un particolare, quest’ultimo, certamente di secondo piano rispetto al riordino e al depotenziamento politico dell’Asi, ma importante anche perché arriva in un momento in cui il Cira di Capua è tornato a far parlare di sé e non per motivi spaziali. È della scorsa settimana, infatti, la notizia delle infiltrazioni della camorra (clan dei Casalesi) negli appalti del centro, con 11 misure cautelari a carico anche di dirigenti del Cira. Una notizia che ha fatto clamore fino a un certo punto. Negli scorsi anni, del resto, la Corte dei conti più volte aveva scritto relazioni per denunciare la gestione ballerina (eufemismo) della struttura e degli oltre 40 milioni di euro stanziati annualmente dal governo. Non solo. Ad aprile 2019 ilfattoquotidiano.it aveva raccontato il contenuto della due diligence di Deloitte (commissionata dall’ex presidente Asi Battiston) in cui veniva denunciata la gestione a dir poco opaca del centro (leggi). Da allora ad oggi, nulla è cambiato: le assemblee del Cira non hanno preso alcuna iniziativa per rendere più trasparenti le dinamiche interne e i presidenti che si sono succeduti negli anni hanno preferito il silenzio.

Ora, a neanche una settimana dalla notizia (e dagli arresti) della Dda, la patata bollente Cira passa “gratuitamente” dalle mani dell’Asi a quelle del Cnr. In tal senso il Centro Nazionale Ricerche ha fissato per mercoledì 4 maggio la riunione del proprio consiglio d’amministrazione con l’obiettivo di nominare gli organi che governeranno il centro di Capua. Al momento, infatti, l’attuale presidente Giuseppe Morsillo è in regime di proroga e proprio in questi giorni sarebbe stato nominato il nuovo presidente. Ora questa nomina spetta al Cnr, sempre che l’Asi non cerchi comunque di mantenere una sorta di ius primae noctis su una poltrona che resta molto ambita. Nonostante tutto.

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